Aidomaggiore tra preti, adulteri e il delitto della piccola Vanda Serra

Lapide di Vanda Serra nel cimitero di Aidomaggiore. Foto di Ignazio Serra

Nella terra antica di Sardegna, dove le voci si abbassano dietro le finestre socchiuse e il peccato si sussurra nei vicoli di pietra, il male ha camminato a passo lento. Lo ha fatto in silenzio, nascosto dietro la rispettabilità, dietro gli abiti della devozione. E quando ha colpito, lo ha fatto con ferocia, cancellando l’innocenza con un solo gesto brutale. Questa è la storia di Vanda Serra, il giglio bianco della Sardegna. Il fiore reciso dal peccato.

Un uomo di ferro e una sposa senza amore

Aidomaggiore, 1912.
Nel cuore della provincia di Oristano, tra le colline battute dal maestrale e la terra dura come la pelle degli uomini che la lavorano, c’è un pugno di case scure raccolte sull’altipiano di Abbasanta. Un villaggio di contadini dove il potere non si promette, ma si impone. E in quel piccolo regno, Giovanni Serra è il sovrano indiscusso. Ha 59 anni, lo chiamano Su Meri.
In paese nulla si muove senza il suo consenso. Possiede tutto. Terre, uliveti, case, frantoi, caseifici.
Ogni mattina percorre a cavallo le sue proprietà, controlla gli uomini al lavoro, impone il suo sguardo duro, schivo, temuto. Giovanni Serra non è un uomo abituato ai compromessi. Non si è mai sposato, non ha mai voluto figli. Per lui le donne sono solo un’inutile distrazione.
Nella sua grande casa, c’è solo una presenza femminile: Lussurza, la domestica.
Ma il suo ruolo va oltre le faccende domestiche. Di notte, la donna scalda il suo letto, senza pretendere niente in cambio. Poi, qualcosa cambia.
Nel 1912, arriva in paese una nuova maestra. Viene da Cagliari, ha solo vent’anni, il viso delicato. Si chiama Amalia Porcu.
E Giovanni Serra perde la testa.
Per la prima volta nella sua vita, desidera qualcosa che non può comprare con il denaro. Ma non sa parlare d’amore: sa solo possedere. Si affida a Don Sulas, il parroco. L’uomo di Dio riceve un’offerta generosa e senza esitazione, si fa messaggero.
“Su Meri Serra vuole prenderti in moglie”. Amalia accetta. E’ un baratto sottointeso.

Un contratto e la nascita di Vanda Serra

Le nozze si celebrano in fretta ma la gente del paese non crede a quell’unione. Più che marito e moglie, sembrano padre e figlia.
Le malelingue si scatenano. Si fanno scommesse sulla durata del matrimonio.
Ma Giovanni Serra ha vinto la sua scommessa personale. Amalia è sua, non per amore, non per desiderio. Ma perché cosi deve essere. Nove mesi dopo, nasce la loro primogenita. Vanda Maria Bonacata Serra.
La bambina che scalfirà la corazza di Giovanni Serra, aprendo una breccia nel suo cuore di ferro, e lo cambierà per sempre. Per la prima volta, Su Meri Serra scopre cosa significa amare.
Scopre che c’è qualcosa più importante del denaro, del potere, delle sue terre. E quella cosa è sua figlia.

L’onore infranto

Giuan cambia. L’uomo di ferro, il padrone incontrastato, abbassa le difese per la prima volta nella vita. Per Vanda. Ma mentre Giovanni si lascia trasformare dall’amore per Vanda, sua moglie Amalia non ha mai dimenticato cosa ha sacrificato per quel matrimonio.
Ha barattato la sua giovinezza, la sua libertà. Ha venduto la sua vita per sicurezza e ricchezza. E quando nella loro casa, varca la soglia Peppe Cambino, il giovane avvocato incaricato di gestire i conti e le proprietà di Giovanni Serra, l’occasione di riscatto si fa irresistibile.
Lui è giovane, affascinante, brillante. E lei lo ama. L’adulterio non è un segreto per nessuno.
Ne parlano le donne nelle cucine, gli uomini nelle taverne.
E quando nascono due bambini, il paese intero conosce la verità. Non sono figli di Giovanni Serra. Lui finge di non vedere. Finge fino a quando non può più ignorare l’umiliazione.
Sbatte fuori di casa Amalia e i suoi due figli illegittimi. Ma su una cosa non transige.
Vanda resta con lui. Per tenerla con sé, cede ogni bene a sua moglie.
Le sue terre, le sue case, il suo denaro. Tutto, tranne sua figlia. Vanda è l’unico tesoro che gli resta.
E per lei, è disposto a perdere tutto.

Una bambina speciale

Vanda cresce nell’amore incondizionato di suo padre. È intelligente, sveglia, precoce.
Impara a leggere e scrivere prima del tempo, con una curiosità che sembra non avere fine. Si appassiona ai numeri, diventa un piccolo genio della matematica. Tanto da tenere lei stessa i conti del caseificio, è capace di fare a mente i calcoli più velocemente degli uomini che lavorano con suo padre.
Ha la bellezza di sua madre, ma la determinazione di suo padre. Ma ha qualcosa di più.
Ha una luce. Un’anima limpida, generosa. E quella luce cambia lui. Dove un tempo c’era solo il comando, ora c’è il rispetto.. Dove c’èra il pugno di ferro, ora c’è una mano tesa. Per la prima volta gli affari non sono tutto. Per la prima volta i soldi non servono solo ad accumulare potere. E’ Vanda a convincerlo a donare, ad aiutare chi ha meno. A riempire le dispense delle famiglie povere, a pagare la dote delle ragazze senza futuro, a garantire ai suoi operai una paga più giusta.
Lo trasforma da scorbutico e temuto a uomo che tutti rispettano e ammirano.
Aidomaggiore non teme più Su Meri Serra, grazie a Vanda. Fino al 7 gennaio 1925.
Fino al giorno in cui la luce si spegne.

Il giorno che il male entrò dalla porta principale

Quel giorno Vanda esce di casa come ogni mattina, cappotto stretto in vita e guanti di lana. Va al corso di cucito. Ma quando la domestica Borica va a riprenderla, di lei non c’è traccia. Un brutto presentimento la assale. La strada di ritorno è deserta, nessuna traccia di Vanda. Forse è già arrivata a casa? Apre la porta, ma Vanda non c’è. “Signor Serra, Vanda non c’è”.
Il tempo si ferma. Giovanni Serra, l’uomo che non ha mai conosciuto la paura, impallidisce.
Scatta la ricerca. Aidomaggiore diventa un paese di uomini con torce, cavalli e cani, che scrutano ogni angolo della campagna. Aidomaggiore si trasforma in un paese in allarme . Si battono sentieri, boschi, casolari abbandonati. Ma Vanda sembra svanita nel nulla.
L’attesa diventa un supplizio. Nella casa di Su Meri Serra, cala un silenzio irreale.
Raccolte intorno a Giuan, cinque figure nere, avvolte in scialli pesanti. Serrano le mani attorno ai rosari, voci basse. Sono le perpetue della chiesa, le donne del paese che vivono di preghiere e silenzi. Tra loro c’è anche Peppa Rosa, donna di grande fede e devozione. Pregano, per la bambina, per il suo ritorno. Poi all’alba, un rumore secco, violento. Il vetro della finestra esplode in mille pezzi. Qualcosa cade al centro della stanza: Un sasso. Legato attorno con uno spago sporco c’è una busta stropicciata. Dentro ci sono scritte poche parole: “Prepara 85000 lire, portale al campo di carciofi.” L’ipotesi del banditismo è viva ma la verità è ancora nascosta nell’ombra.

L’intuizione azzeccata, l’orrore dietro la porta

Il carabiniere che segue le indagini è un esperto di sequestri, è uno che conosce a memoria il copione dei banditi, e questa volta non è convinto che la mano sia la loro. Qualcosa puzza di inganno. E fa l’unica cosa che nessuna ha ancora fatto: decide di perlustrare i luoghi che nessuno ha pensato di controllare. Le case delle cinque perpetue e la canonica del parroco.
Gli sguardi si abbassano, qualcuno si fa il segno della croce, ma lui non crede ai miracoli, crede alle prove. E sta per trovarne una.
La casa di Peppa Rosa Ziulu è immersa in un silenzio pesante. Le porte serrate.
Quando i carabinieri bussano alla sua porta trovano un muro di resistenza. La porta si apre appena, l’aria è satura di incenso e paura. Peppa Rosa ha il volto pallido, suda, trema.
Il carabiniere osserva i suoi movimenti, troppo rapidi, troppo nervosi e chiude le porte interne con la stessa velocità di chi nasconde qualcosa. E poi il sottoscala.
Un carabiniere nota lo spiraglio di una porta socchiusa, Apre. Là nel buio del sottoscala, un lenzuolo sporco e bagnato giace sul pavimento. Un rivolo rosso filtra dalle pieghe del tessuto. Il carabiniere si china. L’orrore si svela. Un piccolo corpo, immobile senza vita, senza testa. Vanda Serra, è lei. E’ stata brutalmente assassinata.

Peppa Rosa Ziulu: l’amante del parroco

Peppa Rosa Ziulu è sempre stata una donna devota.
In prima fila a messa, il rosario tra le dita, le ginocchia segnate dalla preghiera.
Era la perpetua più fidata, quella che tutti rispettavano.
Ma dietro la facciata di santità, si nascondeva un amore proibito per Don Giovanni Spanu, il parroco del paese. Si erano amati in segreto. Uno di quegli amori malati, consumati nell’ombra, soffocati tra sensi di colpa e desideri irrefrenabili. Lei lo adorava. Lui la usava.
E quando Don Spanu iniziò a farle credere di sognare una vita diversa, lontano da Aidomaggiore, lontano dagli altari, l’ossessione di Peppa Rosa divenne cieca.
Lui voleva fuggire. Voleva andarsene in America, dove i preti potevano sposarsi, dove nessuno li avrebbe giudicati. O almeno cosi le fa credere. Ma servivano soldi. Tanti soldi. E così, nacque il piano. Un rapimento fasullo. Un ricatto. E con il denaro del riscatto, la libertà.
Peppa Rosa accettò senza esitare.
Ma quando prese Vanda, quando la chiuse dentro quella casa, qualcosa andò storto.
La bambina gridava, scalciava, si dimenava.
E il parroco, l’uomo di Dio, decise che non c’era altra scelta.
Vanda doveva morire.

Il sangue e il peccato

Quel giorno, quel maledetto 7 gennaio 1925 Peppa Rosa esegue senza discutere. Le mani attorno al collo della bambina. Stringe con tutta la forza che ha ma Vanda si dimena. Graffia, lotta cerca di liberarsi. Vanda non muore. Si aggrappa alla vita con tutta la forza dei suoi dodici anni. Don Spanu interviene, la trattiene, la immobilizza. Le mani del prete stringono come manette. Il respiro della bambina si fa debole, ma è ancora viva. Peppa Rosa è stremata, il respiro affannoso e le braccia indolenzite dallo sforzo. Com’è possibile? Quella bambina non si arrende. Dovrebbe essere già morta, ma il suo corpo si rifiuta di cedere. A quel punto Peppa Rosa corre verso la legnaia. Scava tra i tronchi fino a quando la sente sotto le dita: la falce.
La impugna, si gira, Vanda è ancora li, ancora viva. Il prete la tiene, Peppa Rosa si avvicina, solleva la falce e sferra il primo colpo. Le attraversa la carne come burro, le squarcia il viso. Sferra il secondo colpo, la lama cala e decapita Vanda. L’innocenza è stata sacrificata sull’altare della follia Vanda non c’è più. Solo il suo piccolo corpo senza testa, abbandonato nel buio.

Il verdetto della vergogna

Nel 1926, il processo condanna entrambi a trent’anni di prigione. Ma la giustizia è un’illusione.
Don Spanu non scontò nemmeno un giorno. Chiese l’amnistia e gli fu concessa.
Il suo passato sepolto. Morirà a Sindia, il suo paese d’origine.
Peppa Rosa, dopo aver scontato solamente metà della pena, tornò ad Aidomaggiore.
Ma non trovò più una casa, né un posto dove nascondersi. La gente la guardava con disprezzo.
Morì sola. Senza una croce, i suoi resti in un ossario comune.
Vanda, invece, riposa ancora. Sotto una lapide solitaria.
Dove il tempo si è fermato. Eppure, la sua anima non ha mai smesso di esistere, Non si vede più, non si sente la sua voce, ma chi si ferma davanti a quella lapide può sentire ancora la sua presenza, come se Vanda fosse ancora li. In attesa di quella giustizia che non è mai arrivata e forse mai arriverà.

“Vanda Serra no est mai imentigada
Ca est sempre presente cuddu visu
Godende in su santu paradisu
In corte celeste incoronada.”
(Gavino Pinna)

prova
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