
Area Tempestas era pronto a uscire. Copertina stampata, copie imballate, presentazione fissata. Poi è arrivata la diffida, e tutto si è fermato. Niente librerie, niente pubblico, niente recensioni. Solo scatoloni chiusi e un autore incredulo.
Giulio Neri, scrittore cagliaritano, aveva preso spunto dal diario di un ex professore universitario per creare Furio, un celebre neurologo. Il problema? Quella persona si è riconosciuta. Non solo nei dettagli di carriera e vita privata, ma anche in quelli più scomodi. E, a quanto pare, ritrovarsi descritto come “lascivo, sessista, retrivo, perfino incontinente” non è stata un’esperienza piacevole.
Così, a pochi giorni dall’uscita, l’ex docente ha fermato tutto. Prima diffida il 27 novembre 2024, poi una seconda, ancora più dura, il 22 gennaio 2025. Il libro – sostiene – viola la sua privacy, lo espone al pubblico giudizio e racconta dettagli che non aveva autorizzato. Tra questi, un’evoluzione “soft-core” della trama che lo avrebbe reso irriconoscibile rispetto alla prima bozza.
Risultato: niente pubblicazione. Il Maestrale, la casa editrice, ha sospeso tutto, e la presentazione del 5 dicembre è stata annullata. Resta solo una domanda: dove finisce l’ispirazione e dove inizia la violazione della privacy?
La vicenda sembra uscita da un romanzo di Kafka. Un uomo vuole che la sua storia venga raccontata, fino a quando non se ne pente. Uno scrittore crede di avere carta bianca, fino a quando non si accorge che la realtà non ha bisogno di una pagina di disclaimer.
Giulio Neri, intanto, si difende: «Quest’uomo conosce i miei romanzi, il mio stile. Ha avuto mille occasioni per dirmi di fermarmi, ma non l’ha mai fatto». Poi cita Flaubert: Madame Bovary c’est moi. Perché, in fondo, ogni scrittore mette più di sé stesso nei suoi personaggi di quanto non ammetta.
Eppure, c’è qualcosa di ironico in tutta questa storia. Se il professore non avesse fatto causa, probabilmente nessuno si sarebbe posto il problema di chi fosse realmente Furio. Adesso, invece, chiunque nel suo ambiente si starà chiedendo: Ma non è che è proprio lui?
Forse, se davvero voleva passare inosservato, la scelta migliore sarebbe stata un’altra. Qualcosa di più sottile, più elegante. Per esempio, lasciare che il libro uscisse, poi sfogliarlo con aria distratta davanti ai colleghi e commentare: «Che storia assurda. Certa gente ha proprio troppa fantasia». E poi chiuderlo, senza aggiungere altro.
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