
Si fa chiamare maestro ma nessuno ha ancora verificato la bontà dei certificati, scritti in cinese antico o giapponese moderno, non importa, in virtù dei quali sarebbe un principe delle arti marziali. O forse marziane. Ma per Francesco Pandolfi, 48 anni, sangue sardo napoletano, in fondo tutto questo è irrilevante. Grazie a un passaggio anni fa su Videolina (che vale 50 milioni di visualizzazioni), a un gilet verde sprammato che sopravvive dignitosamente dagli anni ’80, e a una tecnica di difesa chiamata soft control pescata dal teatro parigino dell’assurdo, beh, grazie a questo ricco campionario di cazzate Pandolfi è di certo un personaggio. E riempie per beneficenza, vedi sabato scorso nella pizzeria di un ipermercato di Quartu, piazze con 500 persone che lo stanno a sentire. Un po’ showman senza puzza sotto il naso, un po’ acrobata con la pancetta, di certo un uomo capace di prendersi in giro da solo prima che inizino gli altri. Ma la sua storia è tutt’altro che divertente.
“Pesavo 118 chili, ero alle medie e alcuni compagni mi prendevano in giro. Poi, all’uscita, mi buttavano nelle aiuole, in mezzo alla cacca dei cani”. Non c’è dolore in questo racconto: mentre parla Pandolfi comunque ci sorride su e rivela che da lì è partita la sua rinascita. “Mi sono buttato nelle arti marziali per imparare a difendermi nella vita. E vivo di questo, insegnando ai ragazzi, alle donne, a chiunque a difendersi. La mattina vado al Poetto e faccio il bagno. Poi in palestra, a fare corsi. Non ho una sede mia, sono itinerante”. E soprattutto onnipresente nei social, dove ha un seguito impressionante di un popolo che per metà lo piglia in giro e per metà lo considera comunque un buon diavolo, generoso con gli ultimi. E capace di ironia. “Sono consapevole del fatto che il mio gilet verde piace e non piace. Ma io l’ho adottato come simbolo della mia personale battaglia contro il bullismo e per questo sabato ho fatto sfilare la mia collezione di gilet”. Uno più brutto dell’altro, oggettivamente: c’è quello bianco e arancione che mammamia tarrori, c’è quello arcobaleno che sarà pure un inno a tutte le diversità e agli orientamenti ma ti porta dritto dall’oculista se lo fissi più di tre secondi.
Ma nel personaggio Maestro Pandolfi, un tuttotondo che non ha fine dialettica, non ci sono soltanto abbigliamento o mosse da cinema muto. Una frase, nata per caso durante una scenetta, è diventata virale tra i ragazzi di Cagliari: l’invito a chiamare le forze dell’ordine una volta che il malfattore, l’aggressore o chi vi pare, ma sempre un personaggio che non c’è, è stato neutralizzato ed è a terra. E’ l’invito, “veloceee”, pronunciato alla cagliaritana più cruda, che fa la differenza. Come il Maestro, che ha capito come si vive e regala un po’ del suo sorriso a chi sta peggio di noi. Per questa stramba kermesse di Quartu, fatta di atterraggi tra i tavoli con le pizze, modelle e modelli simpatici ma che in vita loro non hanno mai sfilato manco un portafogli, cantanti sconosciuti che invece suonano e cantano benissimo, in questa Quartu ultra pop e per nulla chic, la solidarietà per un ragazzo disabile che ha bisogno di un carrozzina nuova c’è stata davvero. E marchi importanti come Cagliari calcio e Cantina della Trexenta erano presenti, insieme a tanti piccoli artigiani e commercianti a sostenere la lotteria di beneficenza. Ecco la mossa segreta di Pandolfi: la simpatia. Che tra una capriola e l’altra ricorda il giornalista di Tcs Antonello Lai, cronista degli ultimi, scomparso dieci mesi fa. “Questa serata è anche un po’ per lui, mi ha sempre incoraggiato e mi ha insegnato da che parte stare”.
Claudio Cugusi
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