
Il cibo e l’alimentazione sono temi che generano spesso dibattiti e opinioni divergenti. Da un lato, i vegetariani sostengono che l’essere umano sia nato come erbivoro e dovrebbe rimanere tale; dall’altro, alcuni affermano che l’uomo fosse un carnivoro audace e aggressivo, il che giustificherebbe il consumo di carni bovine, suine e pollame. Tuttavia, entrambe le posizioni risultano eccessive e prive di fondamento scientifico.
Se avete mai osservato la dentatura di un maiale, avrete notato che molti dei suoi denti somigliano ai nostri. Anche se può non essere piacevole, è interessante notare che condividiamo con il maiale la capacità di avere una dieta onnivora. I nostri antenati più antichi si sono diffusi rapidamente dall’Africa al resto del mondo, adattandosi a una vasta gamma di climi e ambienti, proprio grazie alla loro versatilità alimentare.
Nel Paleolitico, l’età della caccia e della raccolta, l’uomo era un grande opportunista, esperto nella raccolta di radici, frutti, bacche, tuberi, uova, invertebrati e piccoli animali come molluschi, tartarughe e mammiferi di piccole dimensioni. Probabilmente all’inizio era un consumatore di animali morti per ferite, malattie o attacchi di grandi predatori. Se questa teoria è corretta, i più antichi strumenti in pietra scheggiata sarebbero stati utilizzati come coltelli e seghetti da macellaio, e non come armi per la caccia.
Alcuni studiosi suggeriscono che, contendendo le carogne a leoni, orsi e altri grandi predatori, l’uomo abbia sviluppato le prime forme di caccia organizzata. Inoltre, solo mani armate di blocchi di pietra e schegge affilate erano in grado di spezzare le ossa lunghe dei grandi mammiferi e di estrarne il midollo, una sostanza altamente nutritiva.
La padronanza del fuoco, che consentiva di incendiare savane e foreste e di cuocere diversi alimenti, sembra risalire a circa 500 mila anni fa. In questo periodo, la caccia a mammiferi di piccola e media taglia cominciò a diffondersi e l’uomo divenne un esperto cacciatore di elefanti e altri grandi animali, come rinoceronti, renne e cavalli, catturati con trappole e abbattuti con lance di legno appuntito. Gli animali abbattuti venivano macellati sul posto, mentre le parti più nutrienti, come zampe, scapole e teste, venivano portate agli accampamenti per essere condivise con il gruppo.
A partire da 150 mila anni fa, l’uomo di Neanderthal (estintosi circa 40 mila anni fa) viveva in bande di cacciatori nomadi, impegnati nella caccia di bovidi, mammut, cavalli, renne e orsi. La loro dieta, evidenziata dalla dentatura, era prevalentemente carnivora, con il consumo di grandi quantità di carne. In Asia centrale, i Neanderthal si concentrarono soprattutto sulla caccia di pecore e capre selvatiche, seguendo le greggi e studiandone le abitudini.
Questa stretta relazione con gli animali avrebbe, nel tempo, contribuito a porre le basi per la futura domesticazione di ovi-caprini. Inoltre, ai Neanderthal è attribuita la pratica del cannibalismo, sebbene non si sappia se fosse motivata da necessità, consuetudine o avesse un significato rituale.
Le ragioni e le modalità dell’uscita dall’Africa nord-orientale di Homo sapiens, nostro diretto progenitore, così come la rapida estinzione dei Neanderthal, rimangono un mistero. Tuttavia, è certo che solo grazie al fuoco, a una fame incessante e a una spregiudicatezza alimentare senza pari, l’homo sapiens riuscì, negli ultimi 100 mila anni, a compiere imprese straordinarie, come l’attraversamento dello stretto di Bering e la rapida conquista del continente nordamericano. Allo stesso tempo, gruppi emigrati dall’Asia sud-orientale si insediarono e conquistarono la Melanesia e l’Australia.
Nel continente nordamericano, i cacciatori paleoasiatici si trovarono di fronte a una fauna ricchissima e priva di difese (tra cui elefanti, cavalli, bisonti, cervidi e camelidi), che venne sterminata in circa 25 mila anni.
In Australia, i cacciatori utilizzarono il fuoco per eliminare rettili simili a varani, lunghi fino a 6 metri, e replicarono lo stesso massacro sulla fauna locale.
Nel Paleolitico Superiore (da 40 mila fino a 15 mila anni fa) in Europa e in Asia, si cacciavano grandi mammiferi come elefanti, rinoceronti, renne e cavalli.
Queste attività sono documentate non solo dalle stazioni di caccia, dai siti di macellazione e dai villaggi temporanei delle bande, ma anche dalle celebri pitture policrome delle grotte della Francia e dei Pirenei, nonché dall’arte su osso e avorio.
Durante la fine dell’ultima era glaciale, la caccia ai grandi mammiferi si affiancava ad altre pratiche, come l’uccellagione, la pesca d’acqua dolce (trote, salmoni e storioni) e, lungo le coste, la caccia a creature marine.
La comparsa dei primi mortai e pestelli indica che, parallelamente alla caccia, aumentavano anche la raccolta e la lavorazione di semi e altre risorse vegetali, che il graduale miglioramento del clima rendeva sempre più abbondanti.
Studi condotti su moderne popolazioni di cacciatori-raccoglitori suggeriscono che la loro dieta attuale si basa per circa il 70% su piante e altre risorse vegetali piuttosto che sulla caccia.
Tuttavia, non è chiaro se questa dipendenza dalla raccolta vegetale sia dovuta a un impoverimento ecologico generale o al fatto che queste popolazioni siano state costrette a migrare verso aree meno fertili e più inospitali. Semi, tuberi e radici, insieme a carni e ossa di pesce, venivano trasformati in farine o pappe simili alla polenta, che potevano essere conservati per un certo periodo e consumate sia crude che cotte.
Oltre alle tradizionali tecniche di cottura, come l’affumicamento e l’arrostimento delle carni in fosse piene di braci (pratiche comuni tra i cacciatori di tutto il mondo), i cacciatori potevano anche bollire i cibi in contenitori di corteccia, sacche di tessuto animale o nei primi recipienti ceramici (i più antichi esempi di ceramica in Eurasia risalgono al periodo compreso tra 20 mila e 15 mila anni fa).
Inoltre, oli di pesce e altri grassi animali vennero estratti, conservati e ridistribuiti. La raccolta di miele selvatico rappresenta un’ulteriore fonte preziosa di sostanze ad alto contenuto calorico.
Alcuni studiosi, sulla base della statura media elevata e della robustezza degli scheletri nelle poche sepolture sopravvissute, nonché della buona condizione delle ossa e dei denti, ritengono che la vita delle popolazioni di cacciatori del Paleolitico Superiore fosse invidiabile, grazie all’abbondante disponibilità di carne e proteine.
Tuttavia, questo “paradiso preistorico” non sarebbe durato a lungo. Circa 13 mila anni fa, infatti, il clima iniziò a cambiare in modo significativo, diventando più caldo e umido nell’Europa occidentale e nella nostra penisola. Il ritiro dei ghiacciai portò alla scomparsa graduale delle vaste pianure erbose che avevano sostenuto cavalli, renne e altre grandi prede dei cacciatori. A questo cambiamento si aggiunsero probabilmente anche gli effetti devastanti della caccia indiscriminata che aveva caratterizzato le stagioni precedenti.
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