Rwm, ecco i punti critici che hanno indotto la Regione a sospendere l'ampliamento della fabbrica delle armi

La relazione protocollata in Regione elenca criticità su rischio idrogeologico, rumore, paesaggio e urbanistica
Rwm, immagine satellitare

Sfogliando il report depositato dalle associazioni ambientaliste si incontrano passaggi che hanno spinto la Regione a sospendere la valutazione ambientale sugli ampliamenti della Rwm di Domusnovas. Tra le criticità segnalate, cinque colpiscono in particolare: nuove opere in zone a rischio di alluvione, il rumore delle esplosioni sperimentali, l’impatto sulle aree boscate tutelate dal Piano paesaggistico regionale, la necessità di esaminare l’intero stabilimento e non solo alcuni reparti, infine la mancanza di conformità urbanistica di parte dei terreni.

«Non possiamo permettere che la Sardegna subisca di nuovo i danni di industrie inquinanti senza prima avere tutte le rassicurazioni e gli studi necessari», ha dichiarato la presidente Alessandra Todde. «Quella relazione contiene elementi non precedentemente conosciuti e impone alla Regione un esame completo. È un atto di responsabilità verso i cittadini e i lavoratori».

Rwm vende le armi a Israele? I sospetti

Oltre agli aspetti ambientali, sullo stabilimento pesa anche il sospetto di forniture verso Israele. Diverse organizzazioni hanno segnalato la partnership tra Rwm Italia e l’azienda israeliana Uvision Air Ltd., produttrice dei droni kamikaze Hero, con un accordo che assegna a Rwm il ruolo di prime contractor europeo. Un bando europeo del 2023 cita Rwm come contraente per i sistemi Hero-30 e le relazioni ufficiali dell’Uama attestano esportazioni di armamenti dall’Italia a Israele per oltre 6 milioni di euro nel 2024, senza specificare i siti produttivi. ONG internazionali come ECCHR e Mwatana hanno inoltre documentato l’uso di ordigni Rwm in attacchi nello Yemen, rafforzando i dubbi su un collegamento diretto tra la produzione italiana e i conflitti in corso.

Trentuno opere sulle sponde del fiume

La relazione, consegnata dopo la manifestazione del 16 settembre, dedica un capitolo al rischio idraulico: trentuno opere sorgono lungo il rio Figu in zone classificate come a pericolosità molto elevata. Si tratta di aree dove il Piano di assetto idrogeologico vieta nuove costruzioni, se non delocalizzate.

Altre pagine sono dedicate al campo prove R140, con dati che parlano di oltre 120 decibel a trecento metri dalle esplosioni sperimentali. La vicinanza con il Monte Linas-Marganai, riconosciuto come sito Natura 2000, viene citata come un fattore di rischio per l’avifauna.

Il report è stato firmato da una sfilza di soggetti politici e non, ben 17: Italia Nostra Sardegna; Unione Sindacale di Base Sardegna; Assotziu Consumadoris Sardigna; Comitato Riconversione RWM; WarFree – Libèru dae sa gherra; Cagliari Social Forum; Confederazione Sindacale Sarda; Cobas Cagliari; Associazione Centro Sperimentazione Autosviluppo; Comitato Sardo di solidarietà con la Palestina; Partito Comunista Italiano Sardegna; Scuola Civica di Politica; Rete Iside; Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università; Movimento Nonviolento Sardegna; ANPI provinciale di Cagliari; ANPI sezione di Cagliari.

Edifici nuovi in area boschiva

Il Piano paesaggistico regionale è richiamato come terza questione. Le aree boschive non ammettono nuove edificazioni o trasformazioni permanenti, ma gli ampliamenti realizzati interesserebbero anche queste zone.

Sul piano delle procedure, il documento richiama due sentenze del Consiglio di Stato che hanno imposto di valutare lo stabilimento nella sua interezza come impianto unico. La pratica attuale riguarda solo tre reparti, e questo sarebbe ritenuto non conforme.

Infine, viene sottolineata la questione urbanistica: una parte dell’area produttiva sarebbe definita “zona bianca”, priva di piano attuativo e di destinazione industriale.

Altre cose che non vanno

Accanto a questi cinque punti, la relazione porta all’attenzione anche altri aspetti. Segnala che i lavori “hanno già comportato scavi per oltre 130 mila metri cubi e la rimozione di più di 100 mila metri quadrati di vegetazione”. Evidenzia inoltre che “dal 2016 al 2021 sono state presentate circa 95 pratiche edilizie separate”. Una frammentazione che, secondo gli estensori, ha reso difficile valutare l’impatto complessivo delle trasformazioni.

Cosa farà la Regione?

Il report ricorda anche che durante l’iter in corso lo stabilimento sarebbe stato oggetto di ulteriori modifiche, non sottoposte a nuova valutazione ambientale. Un insieme di elementi che, messi insieme, hanno convinto la Giunta a sospendere il procedimento e chiedere un supplemento di istruttoria.

Il documento è stato protocollato negli uffici regionali ed è ora all’esame delle direzioni competenti, chiamate a verificare nel dettaglio ogni punto sollevato.

prova
cropped-favicon-sn24.png
Condividi

Articoli correlati