
Al termine di un acceso Consiglio regionale, convocato per discutere del provvedimento di decadenza che la riguarda, Alessandra Todde ha ribadito la sua posizione con fermezza. “Non è una questione personale, né politica. È una questione di rispetto per la volontà degli elettori sardi”, ha dichiarato la presidente della Regione.
Nel suo intervento, Todde ha richiamato con forza l’esempio di Emilio Lussu, figura storica del sardismo e della resistenza antifascista. Citando il libro di Giuseppe Fiori, ha evocato l’immagine del “capocaccia-cervo”, contrapposto al “capocaccia-cinghiale”. “Il cinghiale – ha spiegato – per salvarsi spinge avanti i suoi piccoli, esponendoli alla morte. Il cervo, invece, protegge i suoi cerbiatti, li nasconde nella boscaglia e si lancia per primo”.
Un messaggio chiaro, che si carica di significato politico e simbolico: Todde non intende sottrarsi alla battaglia, né sacrificare chi l’ha sostenuta. “Anche io voglio essere capocaccia-cervo”, ha affermato, rivendicando il suo impegno a difesa della democrazia e dell’autonomia regionale.
Nel suo discorso, la presidente ha inoltre ribadito la piena fiducia nella magistratura e respinto le accuse di irregolarità sui fondi elettorali. Todde ha poi denunciato le forze politiche che chiedono la sua decadenza: “Coloro che difendono a spada tratta una ministra rinviata a giudizio e oggi attaccano la magistratura, ora chiedono le mie dimissioni per una bolletta della luce di 153 euro pagata con i miei soldi, non con quelli della campagna elettorale”. Ma il cuore del suo intervento è stato il richiamo a Lussu: un modo per incastonare la sua resistenza dentro la storia più nobile della politica sarda.
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