
C’è una nuova variabile che sta ridisegnando la geografia e i tempi delle vacanze nel Mediterraneo. Non è una moda, né una strategia industriale. È il clima. Luglio e agosto sono troppo caldi, e allora meglio optare per maggio, ottobre. Perfino i primi di novembre.
Negli ultimi due anni, alcune tra le testate più autorevoli al mondo – dal Guardian al New York Times, da Le Monde al Financial Times, fino all’European Travel Commission – hanno segnalato una tendenza in crescita: l’eccessivo caldo nei mesi di punta spinge sempre più turisti internazionali a evitare luglio e agosto, scegliendo i mesi di spalla per le vacanze. Il Washington Post ha parlato di una “ritirata climatica” che interessa tutto il Sud Europa: Spagna, Grecia, Italia. Sardegna compresa.
Anche nell’isola qualcosa si muove. Lo conferma Ramona Cherchi, general manager del gruppo alberghiero Proma Hotels: «Registriamo un’attenzione diversa da parte di una fascia di clientela straniera. La scelta di evitare l’alta stagione è legata a tre fattori: le alte temperature, le tariffe più elevate, e la maggiore vivibilità dei mesi meno affollati. È ancora una dinamica marginale, ma esiste, e potrebbe crescere».
I numeri degli aeroporti rafforzano l’impressione. Alghero manterrà voli internazionali per tutto ottobre. Olbia andrà oltre: i dati 2025 di Geasar confermano collegamenti attivi fino alla fine di novembre con Londra, Berlino, Amsterdam, Zurigo, Parigi. Secondo una stima fondata sulla tipologia dei vettori e sull’origine delle tratte, tra il 70 e l’80% di questi voli può essere considerato turistico. Non si tratta solo di prolungare l’offerta: è un segnale chiaro che la domanda sta mutando.
E in effetti l’autunno sardo è sempre più simile a una seconda estate. Ottobre registra temperature medie sopra i 22 gradi, bassa umidità, mare fruibile. Per un viaggiatore nordico, è clima da vacanza. E per la Sardegna, potrebbe diventare una finestra strategica. In un’isola che soffre di overbooking nei mesi centrali, distribuire i flussi significa non solo migliorare la vivibilità ma anche la qualità dell’esperienza e la sostenibilità complessiva del sistema.
Il punto non è solo economico. La congestione estiva mette sotto pressione servizi, risorse ambientali, trasporti locali. Una stagione turistica più lunga e più distribuita aiuterebbe a gestire meglio i carichi e valorizzare l’intero anno, offrendo lavoro più stabile e meno concentrato in poche settimane. La tendenza può portare o meno a un cambiamento radicale della stagione turistica: si vedrà. Ma esiste, e si misura già oggi nei dati e nelle scelte. Nel danno gravissimo del climate change e degli effetti del caldo torrido, la stagione turistica si allunga. I viaggiatori si muovono. Questo può tradursi in una parola forse inattesa, sicuramente consolatoria: opportunità.
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