Disinformazione filorussa a Cagliari, la replica di Europa Radicale e le domande ancora aperte

Disinformazione

In seguito alla pubblicazione del nostro articolo critico sul dossier “Peste Putiniana”, l’associazione Europa Radicale ha inviato una replica ufficiale. Nel testo, l’associazione riafferma i presupposti della propria indagine: non si tratterebbe di allarmismo, ma di una documentazione rigorosa su un fenomeno reale — la circolazione in Italia di contenuti prodotti da Russia Today e Sputnik, vietati dal Regolamento (UE) 2022/350. Una posizione netta, che merita di essere considerata con attenzione, anche alla luce di alcune questioni ancora aperte.

Le basi giuridiche

Europa Radicale fa riferimento all’articolo 12 del Regolamento (UE) 2022/350, che vieta la diffusione, diretta o indiretta, dei canali RT e Sputnik. La base legale è concreta e ben fondata: il divieto esiste e si inserisce in un quadro normativo comunitario. Tuttavia, l’applicazione automatica di questa norma a eventi pubblici in presenza solleva dubbi legittimi. Il regolamento vieta la trasmissione televisiva e online, ma non specifica in modo chiaro se una proiezione in sala o un dibattito rientrino in questo ambito. L’estensione proposta dall’associazione può essere plausibile sul piano interpretativo, ma non è né pacifica né unanimemente accettata.

Il metodo di raccolta dati

Il dossier in questione mappa 158 eventi in Italia a partire dal 2024, utilizzando locandine, calendari e materiali pubblici forniti dagli stessi organizzatori. Si tratta di un lavoro meticoloso e trasparente, pubblicamente accessibile sul sito di Europa Radicale. Tuttavia, va ricordato che si tratta di un censimento condotto manualmente: per sua natura non può essere né esaustivo né completamente neutrale. Inoltre, la scelta di definire certi eventi come “pro-Cremlino” resta, almeno in parte, un atto interpretativo, seppur supportato da indizi documentali.

Numeri piccoli, cornici grandi

L’associazione contesta l’idea che pochi eventi rappresentino un fenomeno marginale: anche cinque appuntamenti in una sola città sarebbero, a loro avviso, segno dell’esistenza di una rete strutturata che opera ai margini della legalità. Qui entra in gioco il modo in cui il fenomeno viene incorniciato. Si passa dalla quantità dei casi alla loro qualità, dal dato oggettivo alla lettura narrativa: pochi episodi vengono elevati a indizio di un sistema. È un approccio possibile, ma che non fornisce elementi concreti sull’impatto effettivo di queste iniziative sull’opinione pubblica.

Il linguaggio delle metafore

Nella sua replica, Europa Radicale difende l’uso di espressioni come “peste putiniana” o “guerra ibrida”, definendole metafore divulgative coerenti con il linguaggio utilizzato in ambito NATO ed europeo. Tuttavia, nei documenti ufficiali si parla di “minacce ibride” o “operazioni di influenza”: termini più tecnici e sobri. Il ricorso a metafore epidemiche, per quanto suggestivo, tende ad alzare il tono emotivo e rischia di produrre un effetto allarmistico, proprio quello che l’associazione dichiara di voler evitare.

Vigilanza o censura preventiva?

Europa Radicale chiarisce di non proporre alcuna forma di censura preventiva, ma una maggiore vigilanza sugli spazi pubblici per impedire che vengano usati a scopo propagandistico. La distinzione è importante. Tuttavia, sul piano pratico, il confine è sottile: vietare un evento prima che si svolga significa, di fatto, ridurre gli spazi di espressione. Ed è proprio qui che si gioca una delle tensioni centrali del dibattito: come difendere la democrazia senza limitare il confronto democratico stesso.

La questione aperta

La replica di Europa Radicale fornisce chiarimenti utili e contribuisce a rendere più trasparente la posizione dell’associazione. Ma non risolve alcune ambiguità di fondo. Rimangono almeno tre interrogativi aperti: se il divieto europeo si applichi effettivamente anche a proiezioni e dibattiti locali; se l’uso di un linguaggio carico di metafore forti sia compatibile con la pretesa di neutralità; e se la “vigilanza” proposta non rischi, in concreto, di trasformarsi in una forma di censura preventiva.

In questo contesto, la trasparenza rivendicata da Europa Radicale rappresenta senza dubbio un valore. Ma resta altrettanto fondamentale distinguere tra prova documentata e interpretazione, tra linguaggio tecnico e retorica. È su questo crinale sottile che si gioca oggi la credibilità del dibattito sulla disinformazione in Italia.

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