
Per la prima volta in assoluto, la famiglia di Manuela Murgia racconta il dramma vissuto negli ultimi trent’anni. Per farlo, sceglie Sardegna notizie 24.
Elisabetta Murgia, sorella di Manuela, spiega il dolore di chi si è visto negare la verità e ora, con la riapertura delle indagini, affronta nuove rivelazioni sconvolgenti.
Ieri sera, durante la trasmissione Detectives su Rai 2, la famiglia ha appreso per la prima volta con certezza che Manuela non solo è stata uccisa, ma anche violentata prima della morte. Una verità che ha colpito come un macigno, portando sua madre a un grido di dolore che Elisabetta dice di non poter dimenticare.
Elisabetta, i suoi genitori hanno sofferto molto per questa vicenda, ma ieri sera hanno avuto un nuovo shock. Perché?
Purtroppo i miei genitori non sapevano tutto quello che era emerso. Nemmeno noi lo sapevamo davvero, almeno non con certezza. Quello che abbiamo scoperto ieri è stato devastante, soprattutto per mia madre. Non dimenticherò mai l’urlo che ha lanciato nella notte.
Vi riferite alla rivelazione fatta ieri sera nella trasmissione Detectives su Rai 2?
Sì, è stato lì che abbiamo avuto la certezza di ciò che temevamo, ma che non volevamo accettare. La violenza subita da Manuela prima della sua morte era sempre stata un’ipotesi, ma mai confermata con certezza. Ieri è stato detto chiaramente, e lo abbiamo saputo in diretta.
Come avete reagito a questa rivelazione?
Per niente bene. Era quello che speravamo non fosse successo, l’unica cosa che ci auguravamo che Manuela si fosse risparmiata. Sapere che invece ha subito tutto questo ci ha distrutti. È un dolore che non si può descrivere.
I suoi genitori come hanno vissuto in questi trent’anni?
In un incubo. Le indagini del 1995 e del 2012 sono state un disastro. Soprattutto nel 2012, quando ci si aspettava che la scienza potesse dare risposte diverse, ci siamo ritrovati invece con la colpa scaricata addosso a nostra madre. È come se l’intera responsabilità fosse stata attribuita a lei. L’hanno trattata come se fosse colpa sua. Ma come si può attribuire un peso simile a una madre che ha solo cercato di proteggere sua figlia?
Quindi stiamo parlando di una madre che ha perso la figlia, che ora scopre che è stata violentata e uccisa, e che per trent’anni è stata accusata dallo Stato di essere stata una cattiva madre?
Purtroppo sì. È terribile, ma è andata così. È una storia che distrugge due volte: prima perdi una figlia e poi vieni additata come responsabile della sua morte. Senza nessuna prova, senza nessun riscontro. È stata un’ingiustizia nell’ingiustizia.
Il quartiere come ha reagito?
Nessuno ha mai creduto alla tesi del suicidio. Manuela era una ragazza solare, la sua serenità era evidente fino all’ultimo giorno. Tante persone l’avevano vista sorridere e parlare come sempre. Nessuno poteva credere che da un momento all’altro si fosse tolta la vita. Certo, c’erano anche le voci, i sussurri. Mia madre li sentiva, nelle botteghe, nelle scuole. C’era chi voleva avvalorare la tesi sbagliata, forse perché gli faceva comodo.
Lei ha detto che sua madre ha vissuto questi anni nel dolore. Come ha affrontato la quotidianità?
Mia madre si è chiusa in se stessa. È andata avanti solo grazie alla fede. Se non fosse stata così religiosa, non ce l’avrebbe fatta. Si è aggrappata alla fede con tutte le sue forze.
E suo padre?
Lui è stato messo da parte perché si pensa sempre che sia la madre a soffrire di più. Ma anche mio padre è stato devastato. Manuela lo amava tantissimo, per lei era un eroe. Ma lui non parlava, non diceva niente. Solo di recente mi ha confessato quanto abbia sofferto.
E lei invece invece?
Io per anni ho rimosso tutto. Non ricordavo nulla dei giorni prima della sua morte. Per molto tempo non ho parlato di Manuela, ma poi ho capito che era un errore. Ho iniziato a ricordare solo nel 2012, e quando ho raccontato quello che mi tornava in mente in questura, hanno deciso di riaprire il caso.
Di recente però c’è stato un cambio di atteggiamento rispetto al caso di Manuela. Nuove indagini hanno portato a risultati totalmente diversi dal passato. Vuole ringraziare qualcuno per i risultati ottenuti?
Sì, assolutamente. Voglio ringraziare innanzitutto il Pubblico Ministero, perché con grande coraggio ha deciso di riaprire le indagini e riprendere il caso in mano. Un ringraziamento speciale va anche alla Polizia, in particolare al dirigente Emanuele Fattori. E poi al medico legale Roberto Demontis, che ha avuto un ruolo cruciale: è grazie alla sua consulenza che è stato possibile ribaltare tutto e arrivare finalmente a una nuova lettura della vicenda.
Si sente di dire qualcosa alla fine di questa intervista?
Solo che spero si arrivi finalmente alla verità. Spero che chi ha sbagliato paghi, e che mia sorella possa avere giustizia.
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