Farmacie rurali, oggi andiamo a Gesico

Farmacie rurali Gesico

Gesico, sud Sardegna, piena Trexenta, circa 700 abitanti. La maggior parte della popolazione qui supera i 65 anni. Dal 2023 manca il medico di base: parte della popolazione è stata presa in carico dai medici di Siurgus Donigala e Mandas, parte dei cittadini sono ancora a carico del medico in pensione, altri si sono dispersi dove c’era posto.
Oggi parliamo con il dottor Salvatore Obino, 46 anni, titolare da 17 della farmacia del paese.

𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐬𝐢 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐚 𝐢𝐧 𝐮𝐧𝐚 𝐟𝐚𝐫𝐦𝐚𝐜𝐢𝐚 𝐫𝐮𝐫𝐚𝐥𝐞?

La Farmacia è il punto di riferimento del paese che nel corso degli ultimi 15 anni ha subito un ingente spopolamento dovuto alla chiusura delle scuole elementari, del Banco di Sardegna, dei bar e della casa di riposo. Nonostante tutto cerco di assistere nel migliore dei modi i miei clienti, tenendo la farmacia aperta ogni giorno dalle 9 alle 13 e dalle 16,30 alle 19,30 e vivo il paese fino alle 20, anche durante la pausa pranzo. Il rapporto con la popolazione è molto familiare, i pazienti vanno ascoltati, aiutati e consolati perché si sentono abbandonati dalle istituzioni, e cerco di esserci il più possibile. Mi sento fortunato ad essere stato accolto con calore, in questi anni le soddisfazioni sono state tante, ma le difficoltà non sono state da meno.

𝐐𝐮𝐚𝐥𝐢 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐚𝐢𝐮𝐭𝐞𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞𝐫𝐨 𝐥’𝐞𝐟𝐟𝐢𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐫𝐦𝐚𝐜𝐢𝐚 𝐫𝐮𝐫𝐚𝐥𝐞?

Essendo ormai tutto digitale, credo si debba cambiare l’assistenza al paziente: i cronici dovrebbero avere automaticamente la terapia, senza intasare gli ambulatori, senza dover mettere noi farmacisti in condizioni sfavorevoli, nel rispetto delle norme e soprattutto avere un’automazione che consenta la corretta dispensazione del medicinale.
Il FSE dovrebbe permettere l’automatismo della terapia a cadenza mensile del farmaco “cronico”, così come accade per la dispensazione dei prodotti per il diabete. Si migliorerebbe anche l’aderenza alla terapia e magari si eviterebbe il calvario al paziente che non ha confidenza con smartphone, internet, mail, WhatsApp.
Le farmacie rurali sono ovunque, si deve sfruttare la rete capillare che solo noi possiamo garantire in ogni paesino remoto della Sardegna.
Inoltre, si dovrebbero dotare le farmacie di strumentazioni che permettano di ricorrere alla telemedicina con l’aiuto da parte degli organi regionali, snellendo la burocrazia per dotarsi di locali idonei.

𝐋𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐟𝐚𝐫𝐦𝐚𝐜𝐢𝐚 𝐨𝐟𝐟𝐫𝐞 𝐠𝐢𝐚̀ 𝐬𝐞𝐫𝐯𝐢𝐳𝐢 𝐝𝐢 𝐭𝐞𝐥𝐞𝐦𝐞𝐝𝐢𝐜𝐢𝐧𝐚?

Sono stato uno dei primi ad averla. L’utilità è certa perché la vita non ha un prezzo, il guadagno però non c’è stato. A oggi, posso programmare un holter pressorio, cardiaco e un ECG con il grossista di riferimento in 24/48 ore.
Di certo fare un contratto triennale per noi piccoli è ad oggi proibitivo, in termini di costi e di ricavi: la farmacia è un’azienda, anche se piccola. Non si può lavorare in perdita.

𝐐𝐮𝐚𝐥𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐥𝐞 𝐚𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐚𝐭𝐢𝐯𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥’𝐢𝐦𝐦𝐞𝐝𝐢𝐚𝐭𝐨?

Mi auguro che la nuova giunta regionale ponga un freno all’erosione sanitaria di questi anni. Non è possibile aspettare 6 mesi per una risonanza o mettersi in attesa per un esame qualsiasi nel momento dell’effettivo bisogno di farlo. Mi auguro che la capillarità delle farmacie rurali venga tutelata il più possibile perché è il polmone pulsante dell’intero albero sanitario e senza ogni singolo collega il SSN cadrebbe come un castello di carte.
Spero che la dematerializzazione della ricetta avvenga il prima possibile, così come la presa in carico dei cronici anche per la fascia A con automatismo, un sistema unico che permetta di visualizzare le prescrizioni senza dover avere accesso a mail, messaggi, foto, pizzini, codici inventati, e-mail.
Dal punto di vista regionale, credo sia giunto il momento di mettere in moto la macchina per far sì che, in paesi come il mio, la farmacia abbia un’indennità di residenza adeguata al paese, al fatturato e alle mie ore dedicate durante i turni che ad oggi sono arrivati a 676 notti.
La quota spettante è ridicola, non copre neanche una mensilità dell’affitto e trovo assurdo che in questi anni nulla sia stato modificato.
Prego di aver sempre la salute dalla mia parte perché non conosco un giorno di malattia dal 2009. La cruda realtà è che si viene al lavoro anche con la febbre e la tosse, senza la possibilità di un’eventuale sostituzione.

𝐑𝐢𝐭𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐞 𝐟𝐚𝐫𝐦𝐚𝐜𝐢𝐞 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐚𝐧𝐨 𝐟𝐚𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐬𝐚𝐥𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐜𝐨𝐧 𝐢 𝐟𝐨𝐧𝐝𝐢 𝐏𝐍𝐑𝐑?

Personalmente non ho aderito al PNRR perché mi ha spaventato la marea di burocrazia. Dovevo presentare troppi documenti; potevo sì migliorare qualcosa, ma a quale costo? Con quali rischi? E soprattutto non avendo i locali o gli spazi idonei come avrei dovuto fare? Il problema in questi piccoli paesi è anche la disponibilità degli spazi a norma di legge e i costi per affitti e bollette di un locale aggiuntivo.

Fonte: Federfarma Cagliari e sud Sardegna https://www.facebook.com/federfarmacagliari/

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