
Il botta e risposta politico divampa sui social e si estende a dichiarazioni e comunicati stampa. Tutto è partito da un post del consigliere regionale Valdo Di Nolfo (Uniti per Todde), che su Facebook ha accusato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni di essere “complice del genocidio” in Palestina. Il messaggio, accompagnato da un’immagine ritenuta provocatoria, ha scatenato una raffica di reazioni. Tra le più dure quella del capogruppo di Fratelli d’Italia, Paolo Truzzu, che in una nota ufficiale ha definito “gravissimo” l’episodio: “È inaccettabile che un rappresentante delle Istituzioni faccia il verso alle piazze violente, utilizzando un linguaggio indegno e strumentale sulla pelle del popolo palestinese. Sarebbe opportuno che la presidente Todde e il centrosinistra prendessero subito le distanze da queste affermazioni, che oltre a essere politicamente scorrette possono configurare il reato di diffamazione”.
La risposta del consigliere Di Nolfo non si è fatta attendere, pubblicata anch’essa via social: “Indegno è chi regala 154 milioni di euro degli italiani a un governo genocida. Complice è chi non riconosce la Palestina, chi non chiama genocidio lo sterminio in atto, chi compra armi da chi brucia bambini vivi e bombarda ospedali. Lo dice la Commissione indipendente ONU, non io”. Di Nolfo ha citato i dati del Rapporto governativo 2024 sulle esportazioni di armamenti italiani a Israele e le parole del ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, che aveva parlato di “annientamento totale della popolazione palestinese”. “Le minacce di querela non mi intimidiscono. Se ne sono convinti, Truzzu e Meloni mi querelino. Querelateci tutti”, ha aggiunto il consigliere in una successiva dichiarazione.
A riportare la questione sul piano istituzionale è intervenuto il presidente del Consiglio regionale, Piero Comandini (PD), attraverso un comunicato ufficiale: “Sono rammaricato per il post pubblicato, accompagnato da un’immagine indegna. La dialettica può essere vivace, ma mai scadere nell’insulto. Il Consiglio deve essere la casa della pace, della democrazia e del rispetto di tutte le opinioni”.
Le parole di Di Nolfo si inseriscono in un dibattito acceso a livello globale. Nel gennaio 2024, la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) ha ritenuto “plausibile” il rischio di genocidio a Gaza, ordinando a Israele misure provvisorie per prevenire ulteriori violenze. Parallelamente, la Commissione d’inchiesta ONU ha parlato di crimini di guerra e crimini contro l’umanità nei Territori palestinesi. In Italia, il Rapporto governativo sulle esportazioni di armamenti ha confermato forniture a Israele per centinaia di milioni di euro, sollevando un nodo politico e morale sempre più dibattuto. Il caso Di Nolfo, nato da un post sui social, rischia ora di proiettarsi sullo scenario nazionale, alimentando ulteriori fratture nel dibattito pubblico su guerra, diplomazia e responsabilità istituzionali.
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