La parità di genere per ora rimane un’utopia: numeri e riflessioni del fenomeno in un convegno a Cagliari

Un momento del convegno di ieri a Cagliari

“Raggiungeremo la parità di genere fra 133 anni”: Un dato sconcertante, riportato dalla dottoressa Bruna Biondo consigliera di parità supplente della città metropolitana di Cagliari durante il convegno avvenuto a Cagliari venerdì 21 marzo 2025 per la parità di genere “l’Europa delle donne: dalla costruzione dell’Unione Europea all’attuale strategia per la parità”, che mette in luce la lentezza con cui il nostro Paese procede verso l’uguaglianza tra uomini e donne. Una realtà che si manifesta quotidianamente nei luoghi di lavoro, nelle istituzioni, nella cultura e persino nel linguaggio del diritto, ancora intriso di modelli patriarcali.

Un'eredità culturale difficile da scardinare

La storia ha sempre relegato le donne in una posizione di subalternità, come dimostra il modello della matrona romana nell’antichità: rispettabile, ma vincolata al ruolo domestico e alla tutela dell’uomo. Una condizione che, pur con evoluzioni e conquiste, continua a permeare la società moderna.

L’analisi della professoressa associata diritto romano e fondamenti del diritto europeo dell’università di Cagliari, Anna Maria Marras, evidenzia come l’intero sistema giuridico sia ancora plasmato da questi retaggi, trasmettendoli attraverso il linguaggio e le norme. Anche l’automatica attribuzione del cognome paterno ai figli è un esempio di come il diritto possa perpetuare disuguaglianze, piuttosto che eliminarle.

Donne e politica

L’ingresso femminile nella rappresentanza politica è ostacolato da molteplici fattori, tra cui la responsabilità dei partiti e del legislatore. La sottorappresentazione femminile nelle istituzioni non è solo una questione numerica, ma un sintomo di barriere strutturali e culturali che impediscono una reale parità. La necessità di un cambiamento radicale nella cultura giuridica è sottolineata da esperti del settore, tra cui la professoressa associata economia e gestione delle imprese Elona Marku e il professore ordinario diritto internazionale e responsabile scientifico CIDE università di Cagliari Francesco Seatzu, il quale richiama l’importanza dei trattati europei nel promuovere politiche di uguaglianza di genere.

Il gap ancora profondo

Se da un lato il tasso di occupazione è in aumento, dall’altro il divario tra uomini e donne cresce. Come evidenzia l’avvocatessa Rosanna Mura presidente dell’ordine degli avvocati di Cagliari, le donne guadagnano meno, con ripercussioni che si traducono in maggiore esposizione alla povertà energetica e difficoltà nell’accesso ai beni essenziali, come un’auto o un’assicurazione.

Dati Istat confermano come la differenza media di retribuzioni tra uomini e donne sia una realtà concreta: il 60 per cento delle donne continua a percepire una retribuzione inferiore rispetto agli uomini per lo stesso lavoro.

Molestie e discriminazioni sul posto di lavoro

Le donne si scontrano quotidianamente con situazioni di mobbing, violenza di genere e discriminazioni lavorative. Le statistiche riportate dalla dottoressa Bruna Biondo sono allarmanti: il 40% ha subito contatti fisici indesiderati, il 27% richieste sessuali non gradite e 7 su 10 hanno ricevuto allusioni e commenti non richiesti. Un ambiente lavorativo ancora fortemente ostile, in cui persino il riconoscimento del titolo professionale è negato: solo 3 donne su 10 vengono chiamate con il proprio titolo accademico o professionale.

Le prospettive future

L’Unione Europea ha adottato due direttive che potenzieranno il ruolo delle consigliere di parità, introducendo nel 2026 nuove misure per rafforzarne poteri, indipendenza e finanziamenti. Un passo avanti, ma non sufficiente. La dottoressa Carmina Conte presidente coordianamento3 avverte: “I diritti per le donne non sono mai acquisiti per sempre”. Le battaglie per la parità di genere non si limitano alla questione salariale o lavorativa, ma toccano diritti fondamentali come quello all’autodeterminazione. La stessa legge sull’aborto, sottolinea Conte, non è solo una normativa medica, ma uno spazio di scelta che viene continuamente messo in discussione.
Un progetto che mira a sensibilizzare su questi temi è LeaderShe Camp, promosso dalla dottoressa Alice Soru Ceo di Open Campus, che lo definisce “un progetto che avremmo voluto avere quando eravamo giovani”, segno di un impegno costante per abbattere gli ostacoli che ancora oggi limitano le donne in particolare nei settori delle scienze, della tecnologia e dell’innovazione.

Il diritto come strumento di cambiamento

Come afferma la professoressa Anna Maria Marras, “il diritto può e deve essere uno strumento di cambiamento”. La parità di genere non può essere un obiettivo astratto, ma deve tradursi in politiche concrete che rimuovano le discriminazioni ancora presenti nel nostro Codice civile e nella società. Senza un cambiamento radicale nella cultura giuridica e politica, l’uguaglianza tra uomini e donne resterà una meta lontana. E 133 anni sono un tempo troppo lungo per aspettare.

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