L’isola che abbandona i suoi studenti

Dispersione scolastica

In Sardegna quasi uno studente su cinque abbandona la scuola prima di ottenere un diploma o una qualifica professionale. Il dato, aggiornato al 2023, arriva dall’ISTAT: 18% di dispersione scolastica tra i giovani dai 18 ai 24 anni, ben al di sopra della media nazionale del 12,7% e quasi il doppio dell’obiettivo europeo fissato al 9% entro il 2030. Il confronto con altre regioni italiane è impietoso: nel Nord-Est, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia registrano tassi inferiori al 5%. In Sardegna, soprattutto nei territori dell’interno, il fenomeno appare radicato e in crescita.

Territori scollegati

Le distanze, i trasporti carenti e l’assenza di servizi minimi rendono difficile per molti giovani proseguire gli studi. Nei comuni più isolati, frequentare una scuola superiore comporta ore di viaggio ogni giorno. In alcuni casi, la scuola più vicina è a decine di chilometri. La chiusura progressiva dei plessi scolastici in zone a bassa densità demografica accentua il problema. Dove la scuola scompare dal territorio, l’abbandono cresce. I dati mostrano come le province di Oristano e del Sud Sardegna siano tra le più colpite.

La scuola non basta più

Oltre all’isolamento fisico, c’è quello economico. L’alto tasso di disoccupazione giovanile sull’isola spinge molti ragazzi a rinunciare agli studi, attratti dal lavoro informale o scoraggiati dall’idea di studiare senza garanzie occupazionali. In molti contesti, la scuola viene percepita come un percorso lungo, astratto e distante dalla realtà quotidiana. L’offerta formativa, in particolare quella tecnica e professionale, non sempre è aggiornata o coerente con le esigenze del territorio. I percorsi di orientamento sono deboli, e la connessione tra scuola e lavoro resta fragile.

Un sistema in affanno

Il sistema scolastico regionale soffre di problemi cronici: carenza di docenti stabili, classi miste, mancanza di tutoraggio e supporto psicopedagogico. In molte scuole, specie le più piccole, manca la capacità di intercettare il disagio prima che si trasformi in abbandono. I fondi europei – dal PON Inclusione al PNRR – hanno attivato progetti importanti, ma spesso si tratta di iniziative temporanee, che non incidono nel lungo periodo. Le buone pratiche esistono, ma restano isolate.

Andrea De Giorgi, sindacalista Cobas di lungo corso, amplia il quadro:
«La scuola pubblica da anni è oggetto di tagli e regole di assunzione disfunzionali. I docenti devono pagarsi le abilitazioni e seguire corsi spesso affidati a università private mosse solo dall’utile. E proprio mentre sarebbe necessario un sistema integrato tra università e scuole pubbliche per affrontare una crisi sociale e giovanile mai così profonda, con famiglie lasciate sole, disorientate e senza strumenti educativi adeguati».

«È un disastro prevedibile – prosegue De Giorgi – iniziato con l’autonomia scolastica. Presentata come riforma per l’efficienza, ha invece favorito autocrazia, isolamento, compressione del confronto. Il tutto affidato spesso a personale mosso più dall’ambizione individuale che da senso civico o consapevolezza dell’emergenza sociale».

Dispersione scolastica: la frattura silenziosa

In alcune zone della Sardegna si registrano tentativi locali per contenere la dispersione scolastica. Nella provincia di Nuoro alcuni comuni hanno adottato modelli di scuola diffusa, con plessi collegati tra loro e didattica flessibile. A Sassari e Cagliari sono stati attivati laboratori pomeridiani per studenti a rischio, finanziati da fondi pubblici. Ma si tratta di esperienze circoscritte, spesso temporanee, che non raggiungono le aree più colpite dell’interno. La mancanza di un coordinamento organico rende questi interventi isolati, scollegati da una strategia complessiva. Il fenomeno resta diffuso e stabile. In molti territori, la scuola si ritira lentamente: chiudono i plessi, calano le iscrizioni, aumentano le distanze. Dove l’offerta educativa si riduce, avanzano la disaffezione, l’abbandono, la fuga. La dispersione scolastica, in Sardegna, non è solo un problema di istruzione. È la misura concreta della distanza crescente tra istituzioni e comunità, tra scuola e vita reale. Una frattura silenziosa che si allarga.

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