Rinnovabili, non tutti i “no” sono definitivi: ecco i margini di manovra dei Comuni sardi nelle aree non idonee

Alessandra Todde

Non tutti i divieti previsti dalla legge sarda sulle Aree idonee alle rinnovabili sono assoluti. La normativa regionale – al momento impugnata dal Governo davanti alla Corte Costituzionale – apre, infatti, la possibilità per i Comuni di proporre la realizzazione di impianti anche in zone classificate come “non idonee”. Una scelta che tenta di bilanciare la tutela del paesaggio e delle produzioni agricole con l’urgenza di accelerare la transizione energetica. La legge introduce un meccanismo che consente deroghe selettive, ma solo se motivate da un indiscutibile interesse pubblico. Per chiarire i passaggi e uniformare le modalità di accesso, la Giunta Todde ha approvato nei giorni scorsi delle Linee guida operative. Il documento spiega come attivare l’istituto dell’intesa con la Regione: uno strumento giuridico e amministrativo che consente di valutare, caso per caso, se un progetto merita di superare i vincoli imposti dalla classificazione dell’area. In questa fase transitoria, in attesa della pronuncia della Corte, le regole sono attive e i Comuni possono farne uso, con l’obiettivo di promuovere una produzione energetica più vicina ai territori.

In attesa della Corte: cosa possono fare i Comuni

Fino al pronunciamento della Corte Costituzionale, previsto entro fine marzo, la legge regionale resta in vigore. Questo significa che i Comuni sardi possono attivarsi concretamente, avviando il percorso delineato nell’articolo 3 del provvedimento. La norma prevede la possibilità di presentare una istanza per la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili anche in aree non idonee, a condizione che vi sia un interesse pubblico chiaramente dimostrato. Il primo passo è l’avvio di un dibattito pubblico locale, durante il quale la cittadinanza può esprimersi sul progetto proposto. Successivamente, l’ente deve presentare una documentazione tecnica completa, che comprenda uno studio di fattibilità, una relazione generale sull’impatto dell’impianto in termini economici, sociali e ambientali, e, se necessaria, una relazione urbanistica che illustri le eventuali modifiche agli strumenti comunali di pianificazione. L’istanza viene esaminata nell’ambito di una Conferenza di servizi coordinata dalla Regione, e solo in caso di valutazione positiva può essere approvata con delibera della Giunta. In questa fase, dunque, i Comuni hanno strumenti concreti per agire, anche se il quadro normativo potrebbe cambiare a breve.

Deroghe, sviluppo locale e transizione energetica

La filosofia alla base della legge è quella di valutare caso per caso se un progetto rinnovabile meriti una deroga ai vincoli imposti dalla classificazione dell’area come “non idonea”. L’obiettivo è garantire che non si sacrifichi il paesaggio o le risorse naturali, ma che, allo stesso tempo, non si perdano opportunità concrete di sviluppo sostenibile. Le linee guida contenute nel dossier della Regione specificano che i progetti devono essere capaci di generare benefici reali per la collettività: non solo in termini ambientali, ma anche economici e sociali. E quindi di ricadute occupazionali, abbattimento dei costi energetici per le famiglie e le imprese, incremento dell’autonomia energetica delle comunità locali. Il tutto nel rispetto delle peculiarità storico-culturali e paesaggistiche della Sardegna. Il dossier firmato Todde prevede che la Conferenza di servizi valuti questi elementi in maniera congiunta, coinvolgendo i soggetti competenti e cercando di trovare un punto di equilibrio tra esigenze ambientali e sviluppo. La Giunta regionale, sulla base del lavoro tecnico, può concedere l’intesa che sblocca l’autorizzazione dell’impianto. Si tratta, in sostanza, di un meccanismo di selezione intelligente, che non cancella i vincoli, ma consente di superarli quando i vantaggi per il territorio sono dimostrabili e condivisi.

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