
Valdo Di Nolfo non usa giri di parole. Non ama i formalismi, le espressioni vaghe o i tecnicismi burocratici. Non parla di “valutazioni attente” o di “opportunità da considerare”. No. Per lui, questa non è semplicemente una legge sulle “aree idonee” al fotovoltaico.
“Questa è la legge Salva Sardegna”, afferma con convinzione, lasciando intendere che la posta in gioco è molto più alta di una questione urbanistica o energetica. Per lui, è una battaglia di principio, una resistenza contro una nuova forma di sfruttamento del territorio.
Chi pensa che la lotta contro l’invasione del fotovoltaico selvaggio sia finita con una sentenza o un decreto del governo non ha capito nulla. Il problema non è l’energia pulita in sé – ed è bene chiarirlo subito, perché basta poco perché qualcuno rovesci la questione e insinui che si voglia difendere il fossile, l’inquinamento, il medioevo energetico. No, il problema è chi controlla questa transizione, con quali logiche e chi ne paga il prezzo. Perché, come sempre, il prezzo lo pagano i territori meno tutelati, quelli periferici, quelli dove è più facile spianare campi e pascoli senza fare troppo rumore.Le grandi multinazionali dell’energia hanno imparato la lezione da tempo: la Sardegna è un luogo perfetto per investire senza ostacoli. Vaste aree disponibili, popolazione relativamente bassa, una politica locale frammentata e meno capace di opporsi rispetto a quella di regioni più industrializzate. Qui, invece, basta comprare un pezzo di campagna, riempirlo di pannelli e chi ci vive viene liquidato come un nostalgico del passato.Non si tratta di progresso, né di transizione ecologica. Si tratta di business. Questa non è una battaglia contro l’energia rinnovabile. È una battaglia contro il saccheggio. Contro il principio che il profitto venga prima di tutto. Contro l’idea che alcuni luoghi siano sacrificabili in nome di un modello economico che non guarda in faccia nessuno.
Ma cosa succede se il ricorso della Regione viene respinto? Se la legge sulle aree idonee viene bocciata? “Succede che continuiamo a lottare. Perché questo è solo l’inizio. Questa è una battaglia di dignità, non una questione tecnica di vincoli o regolamenti.” Per Di Nolfo, il problema di fondo è che la Sardegna non ha mai avuto il controllo del proprio destino energetico.
“Siamo sempre stati trattati come una colonia. Prima il carbone e le centrali inquinanti, ora le rinnovabili imposte dall’alto. Ma il concetto è lo stesso: decidono altrove, noi subiamo.” E allora? Come si reagisce? “Parlare, informare, resistere. Perché questa non è solo una battaglia contro due impianti fotovoltaici a Oristano. È una battaglia per dire che la Sardegna non è terra di conquista. E che le decisioni sul nostro territorio le prendiamo noi.”
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