
Precarietà dilagante, disoccupazione giovanile elevata e un esercito di inattivi. È questa la fotografia del mercato del lavoro in Sardegna secondo il Centro studi della Cgil, che ha analizzato i dati del 2023 e dei primi mesi del 2024. La situazione è allarmante: nell’isola gli occupati sono 557 mila, mentre gli inattivi – coloro che non lavorano né cercano un impiego – sono 562 mila.
Se si aggiungono i pensionati, il numero di chi non produce ricchezza è più che doppio rispetto a chi lavora. “Il peso del sistema grava su pochi: ogni lavoratore deve sostenere anche altri due inattivi. Così non si regge”, avverte il segretario regionale Fausto Durante.
Uno degli elementi più preoccupanti riguarda la qualità dell’occupazione. Secondo il report, solo l’11,25 per cento delle nuove assunzioni nel 2023 è stato a tempo indeterminato, percentuale scesa ulteriormente all’8,65 per cento nel 2024. Il resto del mercato del lavoro è dominato da contratti a termine, stagionali, intermittenti o in somministrazione, con una particolare incidenza nel turismo, nell’agroindustria e nella logistica.
Durante sottolinea che questa situazione impedisce a molti lavoratori di costruire un futuro stabile: “Per 9 persone su 10, l’accesso al credito bancario è impossibile. Pianificare una famiglia, comprare una casa o anche solo avere una sicurezza economica diventa un’utopia”.
Il problema è ancora più evidente per donne e giovani. Il 10,05 per cento delle nuove assunzioni femminili è a tempo indeterminato, contro il 12,17 per cento degli uomini. Ancora più drammatico il dato per gli under 29, tra i quali solo il 6,85 per cento ha ottenuto un contratto stabile. I dati sono forniti dalle elaborazioni di Excelsior Unioncamere Aspal.
A incidere su questa instabilità è la forte stagionalità dell’economia sarda. Il settore turistico e quello agroindustriale assorbono migliaia di lavoratori solo per pochi mesi all’anno. Nel 2024, si prevedono 64 mila nuove assunzioni nei servizi e nel commercio, ma la maggior parte con contratti a tempo determinato.
“Non possiamo limitarci a fare turismo solo nei mesi estivi. Serve un piano di destagionalizzazione per rendere più stabili le assunzioni, come avviene in altre regioni italiane ed europee”, afferma Durante. Un altro nodo critico è la scarsa capacità di fare sistema tra le imprese, che sono spesso piccole e prive di una programmazione strategica.
La Sardegna è l’unica regione in Italia in cui gli inattivi superano gli occupati. Nel 2023, gli occupati erano 557 mila, mentre gli inattivi erano 562 mila. Se si sommano anche i pensionati, il numero di chi non lavora supera abbondantemente il milione, rendendo il peso economico insostenibile per chi è attivo.
Inoltre, il tasso di occupazione cresce artificialmente perché cala la popolazione in età attiva. “C’è una riduzione costante delle persone tra i 15 e i 64 anni, il che rende il dato occupazionale meno negativo di quanto sia in realtà”, precisa Durante.
Un altro elemento critico è lo sfruttamento lavorativo, soprattutto nei settori a bassa tutela contrattuale. Molti lavoratori stagionali lamentano contratti part-time solo sulla carta, con orari effettivi raddoppiati e pagamenti irregolari. “Nei ristoranti e negli alberghi si lavora anche 40 ore con contratti da 20, e spesso le ore extra non vengono pagate”, denuncia Durante.
Anche la logistica presenta situazioni di forte stress lavorativo: “I corrieri sono costretti a turni massacranti senza pause adeguate, con penalizzazioni salariali per ogni ritardo”. Il part-time involontario è un altro problema diffuso, con il 14, per cento dei lavoratori sardi costretti a orari ridotti, un dato secondo solo a quello della Sicilia.
Il quadro delineato dalla Cgil evidenzia un mercato del lavoro fragile, incapace di garantire stabilità e prospettive ai lavoratori. Per invertire la tendenza, secondo Durante, servono politiche attive del lavoro più incisive, incentivi per la stabilizzazione e una programmazione economica che riduca la dipendenza dalla stagionalità.
“Se vogliamo dare un futuro ai giovani e impedire la fuga di intere generazioni, dobbiamo garantire contratti dignitosi e prospettive stabili. Il precariato strutturale sta svuotando la Sardegna delle sue risorse più preziose”, conclude il segretario della Cgil.
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