
Nel cuore del sistema penitenziario sardo, la casa circondariale di Uta rappresenta oggi una vera emergenza civile. Qui, il sovraffollamento ha superato ogni soglia di sostenibilità: 704 detenuti a fronte di 561 posti regolamentari, un tasso del 25% oltre la capienza, superiore alla media nazionale. È quanto ha denunciato Franco Villa, presidente della Camera penale di Cagliari, nel corso di una diretta social trasmessa dalla pagina Facebook di Sardegna Notizie 24, moderata dal giornalista Claudio Cugusi, con la partecipazione dell’avvocato Pierandrea Setzu, dell’associazione Giuristi Democratici.
«Le celle pensate per due persone ne ospitano quattro», ha dichiarato Villa. «In queste condizioni non solo si calpesta la dignità umana, ma si rende impossibile qualsiasi percorso rieducativo». E la situazione non migliora nel carcere di Bancali, dove si contano 523 detenuti per 454 posti disponibili. A peggiorare il quadro, secondo Villa, è l’assoluta inadeguatezza del supporto sanitario: «A Uta, che ospita anche l’unico centro clinico penitenziario dell’isola, c’è un solo psicologo per centinaia di persone. È impensabile garantire cure adeguate. Ed è così che si spiegano i dati sui suicidi: 90 nel 2024, 27 nei primi mesi del 2025. Numeri agghiaccianti, che mostrano un sistema in default».
Pierandrea Setzu ha inquadrato la crisi in un contesto più ampio: «Il carcere è diventato la risposta automatica a tutto ciò che la società non sa gestire: povertà, disagio mentale, dipendenze, marginalità. Ma non è progettato per contenere tutto questo. Non è uno strumento di inclusione, è uno spazio di esclusione. Il carcere è diventato la discarica sociale del nostro tempo.». E ha aggiunto: «Sappiamo che la recidiva è molto più alta tra chi sconta la pena in carcere rispetto a chi accede a misure alternative. Quindi, se la struttura peggiora chi vi entra, perché continuiamo a difenderlo come se fosse una garanzia per la collettività?».
Il ragionamento si è poi spostato sulla dimensione costituzionale, sollevata da Claudio Cugusi, che ha moderato la diretta e posto un problema centrale: «Il 30% dei detenuti in Italia è in attesa di giudizio definitivo. Questo vuol dire che decine di migliaia di persone stanno scontando una pena pur non avendo ancora ricevuto una condanna definitiva”.
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