
Fabio Medda e Gianluca Medas sul palco davanti a un centinaio di spettatori, soprattutto reduci di quella scena culminata con il concerto dell’Art ensamble of Chicago nel 1980 al teatro Massimo. Ecco un racconto della storia del jazz in Sardegna, con i suoi principali protagonisti: Isio Saba, il musicista di talento; Alberto Rodriguez, il giornalista visionario; Massimo Palmas, vulcanico organizzatore.
Figura poco nota al grande pubblico, Isio Saba emerge come promotore, organizzatore e anima culturale del jazz in Sardegna: il suo nome oggi è legato anche al Premio Isio Saba, istituito come riconoscimento alla creatività e all’innovazione nel jazz isolano. 
Nel regolamento del premio si legge che «ci ispiriamo a Isio Saba, pioniere dell’innovazione musicale dagli anni ’70. Uno che metteva il Bronx e la Barbagia nella stessa frase. E faceva suonare il risultato».
In sostanza, Saba è colui che ha immaginato una Sardegna capace di dialogare con il jazz internazionale, di ospitare grandi nomi e di aprirsi alla contaminazione: un’idea forte che, pur con molte difficoltà, si traduce in pratiche concrete. Grazie al suo operato e alle reti che ha attivato, Cagliari e l’isola diventano, per certi versi, “terra di jazz”.
Alberto Rodriguez in apparenza ha un ruolo laterale rispetto a quello di Saba: giornalista di razza, appassionato di jazz, Rodriguez coglie molto presto il potenziale del jazz come «forza culturale» per la Sardegna.
Negli anni ’80 – e ricordato da articoli su festival isolani – Rodriguez figura nei riferimenti al festival Festival Internazionale Jazz in Sardegna come “spirit-guide” della rassegna. Una recensione inglese del festival citava: «…the guiding spirits behind the original “Jazz in Sardegna” festivals of the 1980’s, Alberto Rodriguez…»
Rodriguez dunque funge da ponte: tra Sardegna e mondo jazz internazionale, tra media e circuiti culturali, tra il locale e il globale. Il suo apporto non è solo di promozione ma di idea: concepire il jazz come elemento identitario, sperimentale e capace di trasformare il territorio. Ma non è solo jazz: la contaminazione di Rodriguez per tanti anni ha portato a livelli elevati le pagine della cultura del quotidiano Unione Sarda, da lui dirette.
Se Saba ha piantato i semi e Rodriguez ha diffuso l’idea, Massimo Palmas è colui che ha realizzato, strutturato e mantenuto vivo il meccanismo: fin dalla fondazione del Festival Internazionale Jazz in Sardegna – nel 1980 – Palmas è tra i soci promotori, e dal 1983 è direttore artistico.
Palmas, che è stato animatore fondamentale dell’Arci e della sinistra culturale cagliaritana, racconta la sua attività come “memoria storica del jazz in Sardegna”: «Massimo Palmas… è depositario della storia del jazz a Cagliari e in buona parte della musica e organizzazione dei concerti nell’isola».
Sotto la sua direzione, il festival ha ospitato centinaia di eventi, artisti di calibro mondiale e si è legato a network internazionali.
La modalità è ormai chiara: concerti prestigiosi, venue di qualità (come il Teatro Massimo (Cagliari)), apertura al mondo, ma anche ritorno al contesto locale – scuola, formazione, coinvolgimento del pubblico. In questo modo il jazz non resta nicchia isolata ma diventa “evento culturale” per la città e l’isola.
Con questi protagonisti all’opera, la Sardegna inizia a ospitare festival di livello internazionale, radicati in una cultura locale e al contempo proiettati all’esterno. Il Festival Internazionale Jazz in Sardegna nasce il 19 maggio 1980 al Teatro Massimo di Cagliari con l’Art Ensemble of Chicago, segnando l’ingresso dell’isola nel circuito globale del jazz.
L’idea fondata da Saba-Palmas-Rodriguez è che la Sardegna – pur con la sua ricchezza tradizionale (cantu, launeddas, riflessioni etniche) – possa dialogare con le musiche afro-americane, con le avanguardie internazionali e con le generazioni emergenti.
Il premio Isio Saba, istituito nel 2021, vuole valorizzare la creatività e l’innovazione nel jazz, proseguendo la traiettoria tracciata da Saba e dai promotori del festival. (c.c.)



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