
In Sardegna il turismo d’inizio settembre diventa terreno di scontro politico e morale. A Porto Pino, nel Sulcis, il residence Villa Ebner ha deciso di non ospitare più cittadini israeliani. Non solo i militari: chiunque arrivi con passaporto israeliano, a meno che non dichiari apertamente di ripudiare la guerra a Gaza, non avrà accesso alla struttura. L’avviso, pubblicato sul sito, parla di genocidio e rivendica la scelta come atto di coscienza. Una posizione netta, che trasforma l’accoglienza turistica in dichiarazione politica.
A trecento chilometri di distanza, a Santa Teresa Gallura, lo scenario è opposto. In un resort di lusso soggiornano in questi giorni circa cento militari israeliani, riconosciuti al loro arrivo da una rete di attivisti locali. Qui non ci sono restrizioni, ma pacchetti vacanza esclusivi, con servizi e comfort di alto livello. Gli attivisti hanno manifestato davanti all’ingresso con striscioni e volantini, denunciando la contraddizione di un’isola che da un lato chiude le porte, dall’altro accoglie soldati in licenza come ospiti privilegiati.
Gli attivisti hanno sollevato un interrogativo: chi finanzia vacanze di gruppo così costose? Non è chiaro se la spesa sia a carico dei militari stessi o sostenuta da altri soggetti. Al momento non ci sono conferme, e i movimenti filopalestinesi in Sardegna stanno cercando di ricostruire la dinamica.



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