
Sembrava una svolta come le altre: “Gira a destra tra 30 metri”, diceva il navigatore. Ma quella svolta, in una viuzza del centro storico di Bosa, ha portato un gruppo di turisti dritti in una trappola medievale. L’auto è rimasta incastrata tra due muri, con una ruota sospesa nel vuoto e il parabrezza affacciato sul nulla.
L’episodio è avvenuto durante il fine settimana pasquale, in uno dei periodi di maggiore affluenza turistica sull’isola. La scena ha attirato l’attenzione dei passanti, poi dei residenti, poi – inevitabilmente – dei social. Il video dell’auto bloccata tra le case color pastello ha fatto il giro della rete, ma prima che diventasse virale è successo qualcosa di più raro: quattro abitanti del quartiere si sono messi sotto il retro del veicolo e, con uno sforzo collettivo degno di un racconto popolare, lo hanno sollevato a braccia, liberandolo dal vicolo come se fosse un carretto rovesciato.
Bosa non è un paese ostile. È un borgo pittoresco e accogliente, ma le sue strade – lastricate, strette, fatte per i piedi o al massimo per zoccoli – non sono nate per contenere la tecnologia. E meno che mai SUV a noleggio con aria condizionata e bagagli sul tetto. Quella in cui i turisti si sono avventurati è una delle tante vie che attraversano il cuore medievale del paese, tortuose come una storia raccontata al bar, e altrettanto affascinanti.
Il GPS, però, non legge il fascino. Non sente l’odore del bucato steso, non considera i centimetri di margine tra un paraurti e una parete in pietra. Per l’algoritmo, quella era la strada più breve. Per chi era al volante, è diventata un’esperienza surreale, quasi comica, sicuramente memorabile.
Non è il primo episodio del genere e probabilmente non sarà l’ultimo. In tutta Italia – da Positano a Matera, da Cervo a Civita – le cronache locali raccolgono da anni storie simili: navigatori satellitari che trasformano borghi storici in labirinti digitali. Colpa del software? Forse. Ma anche della fiducia cieca con cui molti viaggiatori seguono le istruzioni del GPS, dimenticando di guardarsi attorno, di leggere un cartello, di usare il buon senso.
Un navigatore non conosce le ZTL, non avverte quando una strada è solo pedonale, e soprattutto non sa che alcune vie sono larghe quanto un abbraccio stretto.
A salvare i turisti, alla fine, non è stato un aggiornamento software, né una funzione “evita strade strette”. È stato il gesto spontaneo e concreto di chi abita quei vicoli da una vita. “Eravamo lì, li abbiamo visti in difficoltà, e ci siamo messi sotto l’auto,” racconta uno dei residenti che ha partecipato al salvataggio. “Non è la prima volta, succede ogni anno. Ma ogni volta ci fa un po’ sorridere.”
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