Crolla l’export del marmo sardo, Confartigianato: “Servono appalti e regole chiare”

Il nuovo Codice degli appalti rallenta la spesa pubblica e blocca molti cantieri locali

Il comparto lapideo sardo resiste ma l’export crolla. È quanto emerge dall’analisi di Confartigianato Imprese Sardegna, che fotografa un settore ancora vitale ma penalizzato dalla scarsa valorizzazione locale del prodotto. Nel 2024 le esportazioni di pietre tagliate, modellate e finite “made in Sardegna” hanno raggiunto 23,3 milioni di euro, con un calo del 39% rispetto al 2023.

In Sardegna operano 416 imprese del comparto, di cui 182 artigiane, con 1.522 addetti complessivi. La provincia di Sassari guida la classifica con 185 imprese e 499 lavoratori, seguita da Nuoro, Cagliari e Oristano. Ma il settore resta fragile perché gran parte del materiale estratto viene venduto come materia prima a ditte della Penisola, che ne curano la trasformazione e la commercializzazione.

Il problema del codice degli appalti

«Il comparto è sano ma ha bisogno di certezze e di appalti pubblici per riprendere a crescere» spiega Giacomo Meloni, presidente di Confartigianato Sardegna. Il riferimento è anche alle incertezze legate al codice degli appalti, che limitano le occasioni di lavoro e la possibilità di utilizzare i fondi Pnrr per la riqualificazione dei centri storici. Il Codice degli appalti 2023, pur concepito per semplificare, è diventato un ostacolo pratico alla spesa pubblica, soprattutto nei territori dove la macchina amministrativa è debole.

Secondo Meloni, la chiave è far crescere le imprese attraverso la rete e la specializzazione: «Dobbiamo trattenere in Sardegna il valore aggiunto della trasformazione. In Toscana le aziende si sono consorziate e hanno iniziato a produrre semilavorati e lastre, mantenendo ricchezza sul territorio. Dovremmo fare lo stesso».

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