
Dal 25 febbraio al 5 marzo 2025, La Capitainerie de l’Isle di Parigi ospita TERRA, una collettiva che esplora la materia nel suo rapporto con trasformazione, memoria e inganno. Cinque artisti – Paul Frank Wagner, Josto Mura, Paola Falconi e Davide Volponi, membri del collettivo Castia Art, e Paoletta Dessì – attraversano il confine tra ciò che percepiamo e ciò che realmente esiste.
Dessì raccoglie oggetti dimenticati e li trasforma in reliquie, frammenti di un passato sospeso tra sacralità e memoria. Wagner lavora sulla stratificazione del tempo, lasciando che materiali industriali si consumino fino a rivelare le cicatrici del consumo. Mura destruttura e ricompone, ridefinendo l’identità degli oggetti in un equilibrio tra arte e design. Falconi scava nel limite tra realtà e percezione, costruendo paesaggi interiori dove il segno e la materia evocano più che rappresentare.
E poi c’è Davide Volponi, che scardina ogni certezza. Lui non trasforma la materia, la lascia com’è, ma la usa contro di te: quello che sembra vero si sfalda, quello che appare certo si ribalta. L’illusione non è un semplice gioco visivo, ma una crepa che attraversa lo sguardo, un’indagine sulla sostanza delle cose e sulla loro precarietà. Un dialogo aperto tra forma e inganno, tra ciò che credi di vedere e ciò che, in realtà, non è.
A prima vista, Salumeria Volponi sembra una bottega qualunque. Ci sono prosciutti appesi, salsicce in fila, una selezione di salumi disposti con la cura tipica delle gastronomie di paese. L’atmosfera è familiare, perfino rassicurante. Ma poi qualcosa non torna. Il colore è troppo uniforme, la superficie troppo levigata. Avvicinandoti, ti rendi conto che è tutto di legno. Questa rivelazione innesca un cortocircuito mentale: quanto spesso ci fidiamo di ciò che vediamo senza metterlo in discussione? Non è solo una riflessione sul consumo e sull’industria alimentare, è un atto di sabotaggio della percezione. In un’epoca in cui il cibo è sempre più spesso un’illusione (tra aromi artificiali, ingredienti camuffati e packaging accattivanti), Volponi non denuncia, non spiega, ma ti mette di fronte al dubbio e lascia che sia la tua mente a fare il resto.
Poi c’è Scimmie di Catrame, un lavoro che cambia completamente registro. Qui non c’è il sorriso ironico della salumeria finta, ma qualcosa di più oscuro, più primitivo. Figure di scimmie, nere e ruvide, emergono da blocchi di catrame e asfalto rappreso. Sono fossili di un futuro che non è ancora arrivato, idoli di una civiltà scomparsa o forse di una che deve ancora nascere.
Il catrame, materia di scarto per eccellenza, qui diventa simbolo di un’evoluzione possibile. E se il mondo di domani non nascesse dalla natura, ma dai nostri rifiuti? Se la nostra civiltà crollasse, cosa rimarrebbe? E cosa potrebbe emergere dai residui industriali che lasciamo dietro di noi?
Nel contesto di TERRA, dove gli altri artisti scavano nella memoria e nella trasformazione della materia—dando nuova vita a oggetti dimenticati, stratificando significati, riassegnando identità—Volponi fa qualcosa di diverso, qualcosa di più subdolo. Lui non trasforma, non rigenera, non ricompone. Lui lascia tutto com’è, ma ti costringe a dubitare.
Il suo lavoro è un glitch nella percezione, un cortocircuito tra l’occhio e il cervello. I suoi salumi sono perfetti, iper-realistici, assolutamente credibili—ma falsi. Le sue scimmie, fatte di scarti e catrame rappreso, sembrano idoli di un tempo lontano, fossili di una civiltà che potrebbe essere la nostra o quella che verrà dopo. La materia mente. E Volponi è lì per ricordarti quanto sia facile cascarci.
TERRA è visitabile fino al 5 marzo 2025. Ma il problema non è quando finisce la mostra. Il problema è che, una volta fuori, potresti ritrovarti a guardare con sospetto ogni cosa attorno a te.
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