DICE MONTALBANO. I corridori di Mont'e Prama

I corridori di Mont’e Prama

Secondo me, i personaggi che Lilliu nel suo libro del 1966, “Sculture della Sardegna Nuragica”, identifica come pugilatori, in realtà sono corridori, una particolare legione di guerrieri dei popoli del mare con ruoli molto speciali. Questi combattenti contribuirono, intorno al 1200 a.C., alla caduta dei grandi imperi del passato.
Le statue raffigurano personaggi con il torso nudo e i lombi avvolti da un breve gonnellino svasato posteriormente a forma di “V”, dove si notano i lacci che lo tengono legato, rappresentati con cordoncini a bassissimo rilievo. La testa è coperta da una calotta liscia, con due lembi che ricadono ai lati del collo, sotto i quali spuntano lunghe trecce. Il braccio destro indossa una guaina di cuoio che parte dal gomito, e il pugno impugna un oggetto metallico, forse un pugnale. Il braccio sinistro tiene uno scudo ellissoidale, usato per proteggersi da oggetti scagliati dall’alto, come avviene in battaglia. Lo scudo, probabilmente fatto di cuoio o intrecciato, era leggero e facile da maneggiare.
Durante le guerre, questi guerrieri affiancavano gli arcieri e si lanciavano sul nemico moribondo per finirlo, spesso colpendo la testa con l’arma metallica. Il loro equipaggiamento era molto leggero: un semplice perizoma, che permetteva loro di muoversi agilmente contro nemici vestiti con abiti pesanti o ingombranti, tipici di chi combatteva sui carri.

Le guerre con i carri

Grazie ai dettagli raffinati come mani, pugni e corazze, possiamo mettere queste statue di Mont’e Prama in relazione con i piccoli bronzetti sardi, raffiguranti arcieri, guerrieri e corridori, realizzati con il metodo della cera persa e alti appena 10-15 centimetri.
Per capire il ruolo di questi guerrieri, bisogna conoscere come si combatteva nel mondo antico. Probabilmente, una battaglia tipica del Bronzo si basava sulla carica di due aurighi, uno contro l’altro, con centinaia di guerrieri sui carri armati di armi pesanti. La loro arma principale era l’arco composito, quindi i combattimenti erano quasi sempre a distanza.
Quando un carro veniva colpito e si fermava, qualcuno doveva andare a eliminare l’equipaggio. È qui che entravano in gioco i “corridori”: guerrieri ingaggiati per finire il lavoro iniziato dai carri. Tutte le grandi civiltà, dai minoici agli ittiti, sono sopravvissute a pestilenze, carestie e terremoti, ma sono state sconfitte da un nemico in carne e ossa: i “popoli del mare”. Questi invasori non avevano carri o armature, ma sapevano come combattere contro gli eserciti con i carri. Bastava radunare un buon numero di arcieri e corridori: l’arma segreta di questi guerrieri era un corto giavellotto con punta in metallo. Non sempre causava ferite letali, ma se centrava il bersaglio, il carro diventava inutilizzabile, l’auriga vulnerabile e circondato dai corridori.

Una "legione" temibile

L’auriga e il suo arciere indossavano un corpetto a squame metalliche dal peso variabile tra i 15 e i 20 chilogrammi, quindi non potevano fuggire né difendersi facilmente in un combattimento corpo a corpo. In situazioni del genere, uno sciame di guerrieri armati di spade corte e scudi leggeri aveva il vantaggio sia in termini di numeri che di mobilità. Se si riusciva ad abbattere il cavallo con un giavellotto da una distanza di 40-50 metri, si poteva ridurre la distanza di combattimento e ingaggiare un corpo a corpo con armi più adatte.
All’inizio, i guerrieri combattevano principalmente in guerre locali, ma, visto che la loro arte era molto richiesta, spesso prestavano servizio ovunque fossero ben pagati. Le armate non erano mai omogenee: potevano avere origini diverse, ma formavano un corpo unito e parlavano lo stesso linguaggio delle armi. I primi eserciti erano composti in gran parte da mercenari, come avvenne in Sumeria (oggi parte dell’Iraq) nel III millennio a.C. Vennero così formate armate destinate alle guerre tra le città-stato della regione, che si scatenavano continuamente tra loro.
Le guerre hanno sempre favorito lo sviluppo di nuove tecnologie, accelerando il progresso. La costruzione dei primi carri da battaglia rappresentò un vero spartiacque nelle guerre dell’antichità, cambiando radicalmente il modo in cui gli eserciti si affrontavano. Questi carri erano veloci e manovrabili, permettendo di dividere e disorientare le schiere nemiche.

I carri degli Hyksos

I carri più veloci erano inavvicinabili dalla fanteria, e gli arcieri che si posizionavano su di essi potevano colpire con precisione mortale e tornare rapidamente tra le fila dell’esercito.
Quando si disponeva di carri, servivano meno persone addestrate: un auriga e i lanciatori di frecce e sassi. Mentre un cavallo portava un solo cavaliere, un carro poteva ospitare fino a quattro persone, offrendo così maggiori possibilità strategiche. Gli antichi egizi usavano un gran numero di carri che si muovevano sul campo di battaglia, anche se questo comportava il rischio di scontri tra loro, quindi era fondamentale mantenere la disciplina. Organizzavano i carri in squadroni di 25 unità e potevano impiegare fino a 1500 carri per attaccare lo schieramento nemico.
I primi furono gli Hyksos, invasero l’Egitto con i loro carri e si stabilirono fondando la città di Avaris. Poi, dalle pianure dell’Iran, si mossero con carri e cavalli verso la valle dell’Indo, distruggendo le grandi civiltà della regione. Nel II millennio a.C. molte civiltà impararono a usare il carro da battaglia che diventò una presenza costante nelle guerre del Vicino Oriente. La fortuna del carro non si limitò a queste regioni: anche i Celti lo utilizzavano per spostarsi in battaglia. A differenza del carro leggero dei Sumeri, quello dei Celti aveva una struttura molto più solida, pensata principalmente per travolgere le prime linee nemiche. Era usato come ariete e aveva una struttura molto più pesante del carro sumero.

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