
Graziano Mesina, figura leggendaria del banditismo sardo, è morto questa mattina all’età di 83 anni all’ospedale San Paolo di Milano. La notizia arriva appena un giorno dopo la sua scarcerazione per motivi di salute: affetto da una malattia oncologica terminale, era stato ritenuto «non più trasportabile» dai medici
Solo l’ottava richiesta presentata dalle sue legali, Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier, è stata accolta dal Tribunale di Sorveglianza di Milano. Mesina, debilitato, incapace di parlare, muoversi o riconoscere i volti, è stato trasferito nel reparto di Oncologia. Era un uomo libero da meno di 24 ore.
Nato a Orgosolo nel 1942, Graziano Mesina era diventato celebre negli anni Sessanta come simbolo del banditismo romantico e ribelle della Barbagia. Evase più volte, fu coinvolto in sequestri, latitanze e traffici illeciti. La sua figura ispirò articoli, libri, documentari e anche polemiche politiche.
Nel 2004 fu graziato dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Ma nel 2013 fu di nuovo arrestato con l’accusa di guidare un’organizzazione dedita al traffico internazionale di stupefacenti. Secondo gli inquirenti, avrebbe persino progettato un nuovo sequestro.
Dopo la condanna, Mesina sparì nel nulla. Rimase latitante per oltre un anno e mezzo, fino alla cattura nel 2021 a Desulo, in Barbagia. Da quel momento ha trascorso gli ultimi anni della sua vita tra le mura del carcere di Opera, sempre più malato, sempre più lontano dalla sua terra
Per mesi, le sue avvocate hanno chiesto che fosse trasferito almeno in un carcere in Sardegna, per avvicinarlo alla famiglia. Tutte le richieste sono state respinte, con la motivazione della “persistente pericolosità sociale”. Solo all’ultimo, quando le condizioni erano ormai irreversibili, è arrivato il via libera al differimento della pena.
Mesina però non ha potuto tornare a Orgosolo, il suo paese natale. È morto in ospedale, lontano dalla Barbagia e dai suoi affetti.
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