
Una vita nei campi di atletica di tutta la Sardegna. Se i contachilometri delle sue auto potessero parlare racconterebbero la storia di Sergio Lai e dei suoi fine settimana, girati in lungo e in largo l’Isola. Non c’è Comune dei 377 dove il Presidente, senza altri orpelli, non abbia partecipato più e più volte a un’inaugurazione. Premiato gli atleti a una gara, festeggiato con sindaci e politici.
Però 83 anni cominciano a sentirsi e prima che glielo dica qualcuno ecco che il numero uno della Fidal sarda, la federazione di atletica leggera, dopo 45 anni anni lascia la scrivania più importante. A chi la lascia? Per adesso non importa, lo decideranno tra qualche settimana le elezioni. Con la certezza che comunque Lai siederà nel consiglio direttivo, per assicurare traiettorie regolari al nuovo corso. Perché 45 anni sono tanti e l’atletica di mezzo secolo fa non è quella di oggi. Cagliaritano sanguigno, Lai l’ha vista tutta quell’evoluzione sportiva, sempre più manageriale. Ha dato il cuore e la testa per la Fidal, tutto il tempo libero e pure quello non libero. Forse l’unico rimpianto, se ne ha uno (che tanto non ammetterà), è la politica: socialista col garofano all’occhiello, di quelli mai pentiti, ha vissuto il sindacato dentro l’Act (poi Ctm). L’idea della battaglia lo ha sempre galvanizzato e le battaglie le ha combattute nella Fidal e nel Coni. Dice un amico: “E’ stato un maestro, lascerà tracce consistenti”. Anche senza benevolenza questa è la verità.
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