
Il Tempio di Monte d’Accoddi, situato nella Sardegna settentrionale, a pochi chilometri da Sassari, fu eretto all’inizio dell’età del Rame, intorno al 3000 a.C., in un’area funeraria ricca di domus de janas, i sepolcri scavati nella roccia. Con un’altezza di circa 8 metri, una base che misura quasi 30 metri per lato e una lunga rampa di 40 metri che conduce al terrazzo, il tempio presenta una forma che ricorda le antiche ziqqurat della Mesopotamia che simboleggiano l’unione tra cielo e terra, un luogo sacro dove l’uomo si incontrava con le divinità. Accanto alla rampa, oltre a un grande menhir, si trova un altare costituito da una lastra di pietra con sette fori, poggiata su altre pietre per formare una struttura simile a un dolmen.
All’interno del tempio, sotto il terrazzo, si trova una camera ancora inesplorata, un vero e proprio sancta sanctorum, che potrebbe aver ospitato un altare sacro, come nelle tradizioni mesopotamiche, destinato a rituali legati alla rinascita e alla fertilità della terra e degli esseri viventi. Nei dintorni del monumento sono stati rinvenuti i resti di un villaggio, con ceramiche ben conservate. Inizialmente ricoperto di intonaco rosso, simbolo della vita, il tempio fu successivamente rivestito da un guscio realizzato con grandi pietre disposte a secco, seguendo lo stile nuragico.
Il menhir che si erge per oltre 4 metri accanto alla rampa d’accesso appare spezzato nella parte superiore. È antecedente alla costruzione del tempio e risale alla cultura Bonu Ighinu, quando probabilmente si trovava al centro del villaggio. Con i suoi 6.000 anni di età, è uno dei più antichi menhir dell’isola. Le numerose coppelle presenti sulla pietra e l’abbondanza di frammenti di gusci di molluschi ritrovati nell’area suggeriscono che il sito fosse già utilizzato in precedenza per rituali legati alla fertilità e alla rinascita.
Il sito fu abbandonato durante l’età del Bronzo Medio, intorno al 1800 a.C., quando in Sardegna iniziò la fase nuragica, con la costruzione di migliaia di torri che ancora oggi dominano il paesaggio dell’isola.
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