
Disoccupazione all’8,5%, tasso di inattività al 36,9%, occupazione ferma al 57,7%. In Sardegna il lavoro è una crisi strutturale. I giovani e le donne restano ai margini, i Neet – giovani che non studiano e non lavorano – sono il 17,8%, contro il 15,2% nazionale. Tra le ragazze si arriva al 19,2%.
A questi numeri si sommano dati allarmanti sulla sicurezza: nel 2024 sono già 33 i lavoratori che hanno perso la vita in Sardegna, con una tendenza in aumento dal 2021. Le denunce di infortunio sfiorano quota 12.129 (+0,8%), mentre le malattie professionali crescono del 33%, contro una media nazionale del 22%.
«È inaccettabile», dichiara Fausto Durante, segretario della Cgil Sardegna. «Serve una svolta concreta, a partire dall’attuazione del Patto di Buggerru contro gli incidenti sul lavoro e da un impegno vero della Regione e del Governo su tutte le vertenze aperte, da Nord a Sud dell’isola».
In questo quadro si inserisce il primo maggio 2025, che la Cgil sarda definisce “speciale”: una giornata di mobilitazione, con banchetti, volantinaggi e iniziative in tutta l’isola a sostegno dei cinque referendum popolari su lavoro e cittadinanza in programma per l’8 e 9 giugno.
I quesiti referendari chiedono il ripristino dell’articolo 18, la reintroduzione delle causali nei contratti a termine, la cancellazione del limite massimo di sei mesi nei risarcimenti da licenziamento illegittimo, il trasferimento delle responsabilità sulla sicurezza del lavoro alle aziende committenti, e la riduzione da dieci a cinque anni del tempo per richiedere la cittadinanza.
«Ridare valore al lavoro – conclude Durante – è l’unico modo per invertire la rotta e costruire una Sardegna più giusta».
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