
Il New York Post dedica spazio alla Sardegna con un articolo firmato da Andrea Margolis sulle domus de janas, le tombe ipogeiche prenuragiche conosciute come “case delle fate”. Un giornale tra i più letti al mondo porta così all’attenzione internazionale un patrimonio che solo da pochissimo è entrato a far parte della lista Unesco: non tutte le domus, ma una parte significativa di questi siti millenari.
Nel pezzo vengono raccontate tre nuove sepolture rinvenute nel complesso di Sant’Andrea Frius, a Bonorva, che vanno ad aggiungersi alle 17 già note. Risalenti a oltre 5.000 anni fa, le tombe custodivano strumenti in selce e ossidiana, ceramiche, lucerne e piccoli manufatti in pietra verde. Fra i ritrovamenti spicca la cosiddetta “Tomba dei vasi romani”, in cui sono emersi oltre trenta reperti di epoca imperiale, testimonianza di una continuità di uso e di memoria.
Le domus de janas non sono semplici ipogei funerari: rappresentano la stratificazione di credenze, simboli e pratiche comunitarie che hanno attraversato millenni. In Sardegna se ne contano oltre 2.400, distribuite tra Nurra, Meilogu, Marghine e Barigadu, con tipologie architettoniche che imitano le abitazioni dell’epoca.
Il riconoscimento Unesco arrivato quest’anno ha dato alle domus de janas un marchio di valore mondiale. Ora la risonanza del New York Post porta quelle tombe oltre i confini specialistici. “Hidden fairy houses”, le ha chiamate Margolis, raccontando a milioni di lettori le “case delle fate” scavate nella roccia e abitate dalla memoria di cinquemila anni.



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