
Sanità, trasporti, energia: per Pietro Pittalis la Sardegna è ferma sui nodi decisivi. E il centrodestra, se vuole tornare credibile, non può permettersi altri passi falsi. Tutte le forze del centrodestra si sono ritrovate ieri a Oristano per una riunione politica che punta a ridefinire gli equilibri e le prospettive della coalizione in Sardegna. Pittalis, coordinatore regionale di Forza Italia, tira le somme dell’incontro e si spinge oltre: mette a fuoco le criticità della maggioranza Todde, richiama le responsabilità del centrodestra nella scorsa legislatura, e indica le priorità su cui, a suo giudizio, occorre ricostruire credibilità e consenso. Una su tutte: distruggere la centralità del sistema sanitario regionale per riconsegnare autonomia alle singole Asl. C’è spazio anche per il momento autocritica: “Nella scorsa legislatura non siamo riusciti a incidere quanto avremmo potuto e dovuto”.
A Oristano il centrodestra si è mostrato compatto. Ma una fotografia non basta: ora serve una direzione. Qual è la rotta?
L’unità non può essere solo una sommatoria. Serve un progetto. La riunione ha segnato un passo avanti: si è parlato non solo di alleanze tra partiti, ma anche dell’apertura a mondi esterni. È una fase di ricostruzione, in cui serve concretezza e senso del tempo. Ma la volontà c’è, ed è un segnale da cogliere.
Il Partito Sardo d’Azione si è sfilato. Sostiene che senza di loro non si vince. Fanno pretattica?
Ci sono state delle prese di posizione che rispondono, probabilmente, a esigenze interne e anche legittime di visibilità. Ma il fatto che a Nuoro si sia lavorato insieme dimostra che il dialogo è aperto. Le questioni del passato, comprese quelle sulla candidatura alla presidenza, si possono chiarire. L’importante è superare logiche di risentimento. Lo diceva Nenni: se la politica non si può fare con sentimento, figuriamoci con il risentimento.
Nella riunione di Oristano si è parlato anche di “allargamento” della coalizione a soggetti non prettamente politici. Ma senza un candidato, quanto vale questo cantiere?
Il valore è proprio non partire dai nomi. Oggi serve definire contenuti, metodo, e capire quali mondi possiamo includere. C’è un’area ampia, fuori dai partiti, che non si riconosce più in nulla. Il centrodestra può essere una proposta credibile solo se torna a parlare a quella parte di società.
A Olbia, in un congresso provinciale, ha citato il “modello Nizzi”, molti lo hanno letto come un’investitura. Era questo il messaggio?
No, e mi dispiace che sia stato interpretato così. Non parlavo di candidature, che non spettano né a me né a questo momento. Ho semplicemente fatto riferimento a un metodo di amministrazione concreto, che ha dato risultati in una città importante come Olbia. Ma trasferire un modello non significa proporre un nome. Le scelte verranno dopo, collegialmente, quando ci saranno le condizioni e i tempi giusti.
Energia: si parla molto, si decide poco. Dove porta questa incertezza?
Porta fuori gioco. Oggi le scelte energetiche sono collegate a investimenti, sviluppo, posizionamento nei piani nazionali ed europei. La Sardegna rischia di rimanere ai margini perché manca una linea: prima si parla di rinnovabili, poi di nucleare, poi si torna ai rigassificatori. Senza una visione chiara, ogni occasione si trasforma in un appuntamento perso. E nel frattempo, altri territori avanzano.
Se dovesse indicare una sola priorità, una cosa da fare subito, quale sarebbe?
Sanità. Senza dubbio. Serve restituire autonomia alle aziende sanitarie locali. Non può essere Cagliari o Sassari a gestire tutto. Ogni territorio ha le sue esigenze, e se non lo capiamo continueremo a perdere medici, infermieri e servizi. Oggi la sanità sarda è sbilanciata e ingiusta. È lì che bisogna intervenire, subito.
Fino a poco tempo fa a governare c’era il centrodestra. E su sanità, trasporti e altri grandi temi non siete riusciti a cambiare le cose. Come lo spiega?
Lo spiego con onestà. Abbiamo governato in una fase condizionata dalla pandemia, che ha assorbito risorse e margini di manovra. Ma questo non giustifica tutto. Alcune riforme, a cominciare dalla sanità, potevano essere portate avanti. Io stesso lo dissi allora, non lo scopro oggi. Serve prendersi le proprie responsabilità. Anche questo è un modo per essere credibili. E ripartire senza alibi.
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