
Stop ai progetti assurdi, ai finanziamenti regionali inutili, alle attività estemporanee. Ai viaggi della speranza dei sindaci sardi che, costretti ad arrivare a Cagliari col cappello in mano, chiedono fondi per costruire strutture fondamentali. Progetti rifiutabili o condivisibili, a seconda non tanto della necessità, quanto del colore politico del sindaco che propone l’istanza.
L’amministrazione regionale sta lavorando a un concetto diverso di finanziamento. Si chiama programmazione territoriale e funziona così: gli enti locali aggregati, come per esempio le Unioni dei Comuni, presentano dei progetti per lo sviluppo locale all’assessorato al Bilancio della Regione, il quale mette a disposizione delle risorse economiche ingenti per il finanziamento di queste attività. I progetti arrivano negli uffici della Regione e vengono studiati e, se approvati, sono infine finanziati di concerto con gli altri assessorati che saranno coinvolti nella realizzazione delle opere previste. L’assessore al Bilancio della Regione, Giuseppe Meloni, punta molto sulla programmazione territoriale: la definisce una parte fondamentale del suo lavoro.
Perché ritiene così importante questa attività?
Sono stato sindaco per molti anni e sono convinto che la progettazione ben studiata e coordinata tra tanti enti, possa evitare storture amministrative come la costruzione di infrastrutture inutili, di cattedrali nel deserto o di scelte strategiche sbagliate. Questo perché la Regione si assume il compito di un coordinamento generale ma lascia che siano i territori a decidere cosa serve. È una co-programmazione che parte dal basso, perché sono gli enti locali a presentare i progetti.
Sono stati fatti diversi incontri istituzionali molto partecipati in questi mesi. Ma come stanno rispondendo i sindaci?
Molto bene, c’è entusiasmo. Capiscono che si tratta di una programmazione che non è calata dall’alto, proprio il contrario: è il massimo esempio di democrazia amministrativa. Dico sempre che la programmazione territoriale è il contrario di frammentazione territoriale. Perché c’è un disegno uniforme da costruire. L’obiettivo è quello di non lasciare nessuno indietro.
Questa settimana sono stati finanziati 5 progetti con 72 milioni di euro.
Sì e altri 4 progetti lo saranno entro breve. Ma stiamo per entrare in una nuova fase: quello che è stato approvato finora fa parte della programmazione territoriale che ho ereditato. Ora è arrivato il momento dei nuovi progetti e della nuova programmazione.
Può anticipare qualcosa?
Faremo molte cose in diverse zone dell’isola. Sicuramente punteremo a finanziare progetti per combattere lo spopolamento delle zone interne. Intendiamo contribuire al rilancio delle aree particolarmente disagiate con un bassissimo tasso demografico.
In che modo?
Il bello è proprio questo: non saremo noi a dire come. Saranno gli enti locali a dirci che cosa vogliono fare, cosa può servire. Sceglieranno delle linee di azione e la Regione valuterà i vari progetti. Serve il lavoro di tanti uffici dell’ente perché il coordinamento tra assessorati è decisivo. Però ne vale la pena: solo così si potranno realizzare attività o strutture in grado di dare un contributo significativo alle varie zone.
Alcune aree della Sardegna sono le più arretrate d’Italia per connessione internet e digitalizzazione.
E’ sicuramente un tema. Così come la mobilità sostenibile o la rigenerazione urbana. Diciamo che in alcuni territori mancano o sono insufficienti le strutture primarie e bisogna intervenire con decisione su quelle carenze, mentre in altri territori si può lavorare su concetti più avanzati come appunto la connettività.
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