
Il dibattito sulle rinnovabili in Sardegna si gioca su due fronti opposti: da un lato chi denuncia un blocco totale delle autorizzazioni, dall’altro chi sostiene che si possa costruire ovunque, senza limiti. Ma i numeri raccontano una storia diversa, fatta di lungaggini burocratiche, ostacoli normativi e una selezione naturale dei progetti.
Alla fine del 2024, sono state presentate a Terna 767 richieste di connessione alla rete elettrica, per una potenza complessiva di 52,2 gigawatt. A livello nazionale, le richieste sono 6071 e la Sardegna è terza, dopo Puglia e Sicilia. Tuttavia, di queste pratiche solo una minima parte arriva fino in fondo. Il motivo? La richiesta di connessione è solo il primo passo, un atto quasi formale che non garantisce in alcun modo la realizzazione dell’impianto. Senza un via libera definitivo da parte delle istituzioni, nessuno di questi progetti può diventare realtà.
La selezione avviene attraverso una serie di passaggi complessi. Dopo il primo via libera, le aziende devono superare l’esame della Commissione nazionale per il piano clima e il PNRR, poi il vaglio del Ministero dell’Ambiente e infine la normativa regionale. Un percorso a ostacoli che spesso si blocca prima ancora di iniziare.
Nonostante le accuse di immobilismo, i numeri dicono che alcuni progetti stanno andando avanti, anche se con estrema lentezza. Negli ultimi cinque anni, Terna ha stipulato solo 9 contratti con produttori di energia: 8 per il solare e 1 per l’eolico. Novantadue progetti hanno ricevuto il nulla-osta per un totale di 4,7 gigawatt, mentre 149 sono ancora in valutazione, per altri 10,4 gigawatt.
Esistono anche progetti che hanno già superato la fase del preventivo di connessione, con le aziende che hanno pagato in anticipo per assicurarsi un posto nella rete. Terna ha accettato 448 pratiche per 26,9 gigawatt, suddivisi tra solare (11,1 GW), eolico terrestre (9,6 GW) e offshore (6,19 GW). Restano ancora 69 preventivi da accettare, ma questo non significa che tutti questi impianti verranno mai costruiti.
La realtà è che il tempo medio per un’autorizzazione, se arriva, è di un anno e mezzo. In molti casi, il percorso si arena molto prima, tra vincoli normativi, resistenze locali e incertezze politiche. La vicenda giudiziaria legata alla legge sarda sulle aree idonee ha congelato ulteriormente il processo: fino a una decisione definitiva, non ci saranno nuovi via libera nazionali.
Mentre il dibattito sulle rinnovabili oscilla tra chi denuncia un blocco totale e chi teme uno sviluppo senza controllo, i numeri raccontano una realtà più articolata. I processi autorizzativi complessi e i vincoli normativi filtrano naturalmente il numero di progetti destinati a concretizzarsi, delineando un percorso meno lineare di quanto spesso venga percepito.
La transizione energetica procede, ma con tempi e modalità influenzati da fattori tecnici, burocratici e politici. In questo contesto, la comunicazione gioca un ruolo cruciale: senza un’informazione chiara e trasparente, il rischio è che il dibattito pubblico resti polarizzato, allontanandosi dalle reali sfide legate alla trasformazione del sistema energetico.
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