
Con un tasso del 17,3 per cento, la Sardegna si colloca tra le peggiori regioni d’Europa per abbandono scolastico precoce. È quanto emerge da un’analisi del Centro Studi della Fondazione Articolo 49, presentata durante l’evento InClasse: radici per il futuro – Imparare, comprendere, partecipare, per crescere cittadini consapevoli, che si è svolto a Roma. I dati, rielaborati da Eurostat, sono drammatici: quasi uno studente sardo su sei, tra i 18 e i 24 anni, lascia gli studi senza conseguire un diploma e senza partecipare ad alcuna attività formativa. Peggio di noi, in Italia, c’è solo la Sicilia (17,1 per cento), con cui condividiamo un triste primato: entrambe le isole rientrano tra le venti peggiori regioni europee, in netto contrasto con gli obiettivi della Strategia 2030 dell’Unione Europea, che fissano al 9 per cento il limite massimo di abbandoni.
A livello nazionale, l’Italia si conferma al quinto posto tra i peggiori Paesi dell’Unione, con un tasso di abbandono medio del 10,5%. Ma la Sardegna, insieme a Sicilia, Campania e altre regioni del sud, si trova ben al di sopra di questa media, segnando un ulteriore divario tra nord e sud.
Le cause di questo fenomeno non si fermano alla povertà educativa, ma si intrecciano con fattori economici e sociali. L’Italia investe solo il 4,1 per cento del PIL nell’istruzione, contro il 7,1 per cento della Svezia o il 6,3 del Belgio. La Sardegna, da sempre penalizzata da scarsi investimenti e infrastrutture inadeguate, ne paga le conseguenze. Pochi trasporti per i centri periferici, strutture spesso datate e l’assenza di percorsi formativi alternativi per chi rischia di perdersi lungo la strada sono problemi che restano irrisolti.
Il problema dell’abbandono scolastico non è nuovo, ma non può più essere ignorato. Ogni studente che lascia la scuola rappresenta un’opportunità persa per l’isola, una possibilità in meno per costruire una Sardegna più forte e competitiva. Serve un cambio di rotta che metta i giovani al centro: infrastrutture migliori, politiche di sostegno economico, percorsi educativi innovativi. Non sarà facile, ma ogni passo avanti può fare la differenza.
In un contesto che cambia rapidamente, dove il futuro dipende sempre di più da competenze e formazione, la Sardegna non può permettersi di restare indietro. Il rischio non è solo quello di perdere i giovani, ma di perdere un’intera generazione di opportunità.
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