
La crisi politica che ha investito la presidente della Regione Alessandra Todde rischia di rallentare decisioni chiave per il futuro energetico dell’isola. In un momento in cui la transizione ecologica impone scelte rapide e un piano d’azione chiaro, l’impasse istituzionale potrebbe bloccare progetti cruciali per il sistema energetico regionale.
Le contestazioni sulla rendicontazione delle spese elettorali e i ricorsi legali fanno prevedere tempi lunghi. Nel frattempo, l’immobilismo alimenta il timore di soluzioni calate dall’alto, come il ritorno al nucleare, un tema tornato al centro del dibattito nazionale e che continua a dividere l’opinione pubblica e la politica.
La sfida non è scegliere tra “pro” e “contro” le rinnovabili, ma decidere se governare il cambiamento o subirlo. La Sardegna è una delle regioni italiane più vulnerabili sul piano energetico. Non collegata alla rete nazionale del gas, importa gran parte dell’energia elettrica che consuma, una dipendenza che la rende esposta alle fluttuazioni dei prezzi e alle scelte politiche nazionali. Puntare sulle energie rinnovabili non è solo una scelta ambientale, ma una necessità per garantirsi maggiore stabilità economica e indipendenza energetica.
L’instabilità politica e le complesse procedure amministrative, però, rischiano di bloccare il percorso verso l’autonomia. Ogni ritardo nella modernizzazione del sistema energetico alimenta ipotesi di modelli centralizzati, come quello nucleare, proposto da alcuni come soluzione stabile e alternativa alle rinnovabili intermittenti.
Una transizione energetica rallentata può avere conseguenze significative per l’isola. Ogni ritardo nella realizzazione di impianti fotovoltaici ed eolici prolunga la dipendenza dalle importazioni, con costi elevati per famiglie e imprese. I progetti legati al PNRR e al Just Transition Fund hanno scadenze precise: perdere tempo significa rischiare di rinunciare a finanziamenti essenziali per la transizione. Le rinnovabili rappresentano anche un’occasione per creare posti di lavoro e recuperare aree industriali dismesse. Rimandare le decisioni significa perdere opportunità economiche in un settore in forte espansione.
Il ritorno del nucleare nel dibattito nazionale viene presentato come una soluzione stabile e a basse emissioni di anidride carbonica, capace di garantire continuità nella produzione di energia. La Sardegna, con le sue aree poco abitate e i vecchi poli industriali, potrebbe essere considerata un territorio idoneo per ospitare nuovi impianti o depositi di scorie.
Tuttavia, questa prospettiva pone diverse criticità. La costruzione di una centrale richiede decenni e investimenti pubblici enormi. L’Italia, priva di un know-how autonomo, dovrebbe affidarsi a tecnologie estere, in particolare francesi. Inoltre, la gestione delle scorie radioattive rimane un problema irrisolto, con rischi ambientali e sanitari difficili da ignorare. C’è poi una questione di autonomia: un’infrastruttura nucleare accentrerebbe la produzione energetica nelle mani dello Stato e delle multinazionali, riducendo la capacità dei territori di controllare il proprio futuro.
Nonostante le difficoltà, la giunta Todde potrebbe mantenere la stabilità politica e portare avanti l’azione di governo. Tuttavia, le lungaggini burocratiche rischiano di ritardare scelte cruciali. Per evitare che l’autonomia energetica resti un’aspirazione irraggiungibile, servono azioni chiare: un piano energetico trasparente con obiettivi e scadenze definiti, la riconversione di siti industriali dismessi per ospitare impianti senza intaccare le aree agricole e il sostegno alle comunità energetiche locali per distribuire i benefici economici sul territorio.
Anche gli investimenti in sistemi di accumulo, come batterie su larga scala e tecnologie per l’idrogeno verde, sono indispensabili per superare i limiti dell’intermittenza delle fonti rinnovabili.
In un contesto di sfide globali e nuove opportunità, la Sardegna si trova a un punto cruciale. Ogni ritardo nelle decisioni rischia di avere conseguenze durature, mentre il futuro energetico dell’isola dipende da scelte coordinate e lungimiranti. Un’azione tempestiva potrebbe trasformare l’incertezza attuale in un’opportunità per rafforzare il percorso verso una reale indipendenza energetica.
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