
Un nuovo dossier pubblicato dall’associazione Europa Radicale individua Cagliari e Torino come i principali centri italiani di diffusione della propaganda filorussa. Il rapporto, rilanciato da alcune agenzie stampa, parla di 158 “iniziative pro-Cremlino” registrate in Italia dal 2024 a oggi, cinque delle quali nelle due città. Tuttavia, l’analisi presenta diversi punti critici, a partire dalla consistenza dei dati e dall’affidabilità delle fonti.
Il documento riporta una lista di eventi pubblici, tra cui proiezioni di documentari e dibattiti, spesso riconducibili a contenuti prodotti da Russia Today, il canale di informazione russo vietato nell’Unione Europea dal 2022. A Torino e Cagliari sarebbero stati organizzati cinque eventi ciascuno, anche se due, nel caso di Cagliari, risultano annullati prima dello svolgimento. Il dossier non fornisce dettagli sul numero di partecipanti, sull’impatto mediatico né sulla rilevanza dei contenuti diffusi.
Europa Radicale è un’associazione apertamente filo-atlantica e filo-europea, attiva nel contrasto alla disinformazione russa. Il dossier, tuttavia, non si basa su fonti istituzionali o verifiche indipendenti, ma su un monitoraggio svolto internamente. La metodologia non è esplicitata in modo dettagliato e i criteri con cui vengono etichettati gli eventi come “filorussi” restano generici.
L’analisi attribuisce la presenza di queste iniziative a specifici contesti culturali. Torino viene descritta come un’area con tradizioni politiche critiche verso la NATO e l’Unione Europea; Cagliari, invece, come un territorio segnato da sentimenti indipendentisti e opposizione alla presenza militare occidentale. Si tratta di osservazioni interpretative, non supportate da dati oggettivi o da un confronto con altri territori.
Il lessico scelto nel dossier è fortemente connotato. L’uso del verbo “attecchire” richiama immagini biologiche o infettive. L’espressione “guerra ibrida” inquadra l’attività comunicativa come se fosse parte di un conflitto militare. Questo tipo di linguaggio rischia di spostare il focus dalla realtà dei fatti verso una narrazione politica, che amplifica l’allarme senza fondamento empirico solido
Il documento invita il ministro della Difesa a intervenire attraverso il Viminale, chiedendo ai prefetti di vietare l’uso di spazi pubblici per eventi legati a media russi. Una proposta che apre questioni delicate sul piano costituzionale: in assenza di un quadro normativo chiaro, chi decide cosa è propaganda e cosa è dissenso legittimo? E fino a che punto è accettabile limitare la libertà di espressione in nome della sicurezza?
Al momento, i numeri non supportano l’idea di una presenza strutturata o influente della propaganda russa in Italia, né tantomeno nelle due città citate. Cinque eventi in un anno non bastano a definire un “centro di disinformazione”. Il dossier di Europa Radicale segnala un tema importante — la vulnerabilità informativa — ma lo fa con strumenti analitici deboli e toni eccessivamente allarmistici. Senza prove più solide, il rischio è quello di confondere la prevenzione con la repressione.
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