Il vento taglia la valle di Su Nuraxi, sollevando polvere tra le torri di pietra e piegando i rami secchi dei cespugli bassi. Il cielo è terso, il sole ingannevole: la luce è limpida, ma l’aria porta ancora il gelo dell’inverno. Tra i blocchi di basalto, un gruppo di rettori cammina con i cappotti abbottonati fino al collo, le sciarpe strette sulle giacche scure. Si fermano ad ascoltare le spiegazioni degli archeologi, le mani in tasca per ripararsi dal freddo.
Oggi non sono qui per una semplice visita di cortesia. Sono venuti a vedere da vicino un progetto che potrebbe cambiare il modo in cui l’archeologia viene insegnata in Italia. A Barumini, un piccolo centro nel cuore della Sardegna, è nato il primo corso di laurea in Conservazione e Restauro dell’Università di Cagliari: un programma che non si svolge in aule illuminate da neon, ma direttamente tra i reperti, nei siti UNESCO. Qui la storia non si studia sui libri. Si tocca.
Sedici studenti hanno già iniziato il loro percorso, lavorando tra le rovine di Su Nuraxi e il complesso di Casa Zapata, dove gli scavi sono ripresi dopo anni di pausa. I movimenti sono attenti, le mani avvolte in guanti sottili maneggiano strumenti di precisione. Ogni frammento di ceramica, ogni traccia di intonaco antico è una domanda a cui trovare risposta. Perché restaurare non è solo riportare alla luce. È scegliere cosa salvare.
“Questo corso è un punto di svolta,” spiega il rettore dell’Università di Cagliari, Francesco Mola, il bavero rialzato contro il vento. “Studiare direttamente sui reperti cambia la prospettiva. Gli studenti imparano non solo a ricostruire il passato, ma a interpretarlo.”
L’idea che guida il progetto è semplice: la teoria da sola non basta. Per capire veramente il patrimonio culturale, bisogna sporcarsi le mani con la storia. E a Barumini, gli studenti hanno la possibilità di farlo in uno dei siti più significativi del Mediterraneo.
La giornata di incontri e discussioni ha acceso un dibattito più ampio. Se l’esperienza di Barumini funziona, perché non replicarla su scala nazionale? Tra le proposte discusse c’è l’idea di un Erasmus italiano dell’archeologia, un programma che permetterebbe agli studenti di spostarsi tra i siti di scavo più importanti del Paese, lavorando direttamente sul campo in diverse regioni.
L’interesse c’è, i dettagli restano da definire. Intanto, il vento continua a soffiare tra le torri nuragiche. Un fotografo si avvicina, alza la macchina e scatta l’immagine del giorno: i rettori in primo piano, le rovine sullo sfondo. Un attimo dopo, un colpo di vento cambia la luce. E tutto, per un istante, sembra diverso.


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