Carlo Porqueddu, il mister del tennis cagliaritano: dalla Serie B alla top ten della Standard School

Carlo Porqueddu

Allenatore e fondatore dell’accademia “Quattro Mori Tennis Cagliari”, Carlo Porqueddu, 54 anni, racconta il percorso che gli ha permesso di diventare uno dei migliori allenatori di tennis sul territorio sardo.
A oggi, la sua accademia conta dodici squadre giovanili iscritte ai campionati regionali, due squadre in Serie C e quattro in Serie D.

Quando inizia e come finisce il tuo percorso nel mondo del tennis da atleta?

Ho iniziato a giocare all’età di otto anni con mio fratello.
Nel singolo, sono arrivato a giocare sino alla categoria B2.
Nella modalità a squadre ho avuto la possibilità di gareggiare in Serie B e A2 per le società TC Cagliari e Torres Sassari.
Al tramonto della mia carriera, all’età di trent’anni, ho vinto i campionati sardi assoluti.

Quando inizia il tuo percorso da mister e cosa ti ha spinto a perseguirlo?

Mi è sempre piaciuto l’ambiente del tennis sardo sin da quando ero giocatore.
Divento mister a tempo pieno a trent’anni, proprio l’anno del mio ritiro. La voglia di tirare fuori il massimo potenziale sportivo dei miei ragazzi è tutto ciò che mi ha sempre spinto in questo percorso.
Il settore giovanile dell’accademia Quattro Mori Cagliari si è classificato per due anni di fila nella top ten della categoria “Standard School.”

“Il tennis è uno sport solo per ricchi”, trovi delle verità in questa frase?

Iniziare a giocare a tennis non è costoso.
Comincia a essere dispendioso quando l’atleta raggiunge un numero di competizioni elevato.
Nei costi incidono le iscrizioni ai tornei in Penisola, all’estero e le spese di viaggio.
Un ragazzo sceglie tendezialmente la strada del professionismo nella fascia 14-18 anni.
Le famiglie incidono tanto nel percorso sportivo dei giovani tennisti.
In molti casi, i giovani atleti decidono di abbandonare la scuola per avere più tempo da dedicare allo sport.
Non tutte le famiglie hanno le disponibilità economiche per iscrivere il proprio figlio nelle migliori accademie che ha il nostro Paese.
La federazione FITP diventa un supporto economico dal momento che il tennista dimostra di essere un grande talento.
Per vivere di tennis, bisogna arrivare tra i primi 50-100 giocatori al mondo. Sotto quel livello, le spese da sostenere non permettono di avere una vita agiata.

Con l’ascesa di Sinner, il tennis è diventato il secondo sport più seguito in Italia: è una moda passeggera o un consolidamento del precedente seguito?

Prima del caso Sinner, il tennis aveva già una grande visibilità nel professionismo femminile.
Nel tennis maschile c’erano già Berrettini, Musetti e Fognini che non hanno però mai raggiunto i livelli di Jannik.
Sinner ha portato sicuramente maggiore credibilità e orgoglio nazionale.

Ci sono tennisti sardi che pensi possano arrivare ai massimi livelli?

La Sardegna ha avuto per molto tempo giocatori con un potenziale molto alto.
L’Isola si è però dimostrata un grosso limite per le poche possibilità di confronto con le altre regioni e le grandi città adiacenti.
Un esempio di grande talento è sicuramente Lorenzo Carboni, classe 2005 di Alghero.
Si è trasferito a Bordighera nell’accademia “Piatti Center” in cui si è allenato anche Jannik Sinner.

Da allenatore del settore giovanile, che responsabilità e obbiettivi senti di avere verso i tuoi ragazzi?

Quando ho deciso di fare il maestro avevo due scelte: fare l’allenatore di giocatori già formati o all’interno del settore giovanile di un’associazione sportiva.
Ho scelto la seconda.
Con la mia accademia ho un grande senso di responsabilità sull’educazione mentale e tecnica dei ragazzi.
Il mio più grande obiettivo è aiutare e formare più atleti possibili affinché possano continuare la strada agonistica al massimo delle loro possibilità.

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