DICE MONTALBANO. La necropoli punica di Tuvixeddu, a Cagliari.

Tuvixeddu

E’ la più grande necropoli di età punica ancora esistente. Si trova all’interno della città di Cagliari, su tutto il colle omonimo, che si estende tra il rione cresciuto lungo il viale Sant’Avendrace e quello di via Is Maglias. Il nome Tuvixeddu significa “colle dei piccoli fori” in sardo, derivato dal termine “tuvu” che indica “cavità”, in riferimento alle numerose tombe scavate nella roccia calcarea.
Tra il VI e il III secolo a.C., i sardi scelsero questo colle come luogo di sepoltura per i loro morti. Le tombe erano raggiungibili attraverso pozzi scavati nella roccia, profondi dai due metri e mezzo fino a undici metri. All’interno di questi pozzi si apriva una piccola apertura che conduceva a una camera funeraria o cella sepolcrale, spesso finemente decorata. All’interno sono state trovate anche anfore decorate e ampolle usate per contenere essenze profumate.
Alle pendici di Tuvixeddu si trova anche una necropoli romana, che si affacciava sulla strada che, all’uscita dalla città, diventava la via Karalibus Turrem (oggi viale Sant’Avendrace). Questa necropoli romana è composta principalmente da tombe ad arcosolio e colombari. Tra le tombe di particolare interesse ci sono la Tomba dell’Ureo e la Tomba del Guerriero Sid, entrambe decorate con palme e maschere, ancora ben conservate.

Tuvixeddu oggi

Dopo la distruzione di Santa Igia per mano pisana nel 1200, i superstiti si stabilirono nell’attuale viale Sant’Avendrace, alle pendici del colle. Molte case si addossarono a Tuvixeddu, utilizzando le grotte come accesso alle abitazioni. Ancora oggi, durante le demolizioni delle vecchie case del quartiere, si possono trovare grotte con segni di uso abitativo, alcune sono dietro al Liceo Siotto.
Il colle di Tuvixeddu non è mai stato valorizzato adeguatamente. Nel XX secolo, è diventato la cava di una cementeria dell’Italcementi, che ha terminato l’estrazione negli anni Ottanta. Durante i lavori di cava molte tombe sono state distrutte, anche se sono state rinvenute altre. Durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, le grotte furono usate come rifugi antiaerei e, in alcuni casi, come abitazioni temporanee da chi aveva perso la casa. Nel dopoguerra, le grotte furono abitate da chi cercava riparo dai bombardamenti.
Oggi, sul colle della cementeria rimangono solo la torre per la produzione di calce e un capannone accanto alla nuova ala della scuola intitolata al canonico Giovanni Spano.
Sarebbe auspicabile la realizzazione di un grande parco archeologico e naturalistico all’interno del colle, con un museo che conservi i reperti di questo luogo. Tuttavia, né l’amministrazione comunale, né la Regione Sardegna e nemmeno le imprese edilizie che stanno portando avanti interventi residenziali nella zona di via Is Maglias, sembrano intenzionate ad accordarsi in tal senso.

prova
cropped-favicon-sn24.png
Condividi

Articoli correlati