DICE MONTALBANO. Le maschere nei bronzetti sardi

Barbetta 2

Circa 3000 anni fa, durante la Prima età del Ferro in Sardegna, si svilupparono due fenomeni che avrebbero lasciato un segno indelebile nella storia dell’isola: la scultura figurata in pietra a grandezza naturale a Mont’e Prama, e la creazione di piccoli personaggi in bronzo, forse autorappresentazioni di una società in trasformazione. Questi capolavori hanno attirato l’attenzione di molti studiosi, ma le interpretazioni sono ancora molteplici e spesso divergenti.
Alcuni archeologi ritengono che si tratti di divinità, altri li vedono come eroi o sacerdoti, mentre altri ancora preferiscono lasciare il mistero aperto, senza una spiegazione definitiva. I siti di ritrovamento sono vari e, purtroppo, molte statuette sono state trovate fuori dal loro contesto originale, cioè non nel luogo di deposizione primaria. Essendo beni di grande valore per le comunità dell’epoca, erano certamente tutelati e appartenevano a un settore artigianale di artisti specializzati, uomini capaci di forgiare i metalli.
Le materie prime non mancavano: in Sardegna si trovano giacimenti di rame e altri metalli, come l’argento, che potevano essere scambiati per ottenere stagno, elemento fondamentale per la produzione del bronzo, una lega formata circa in proporzione 1:10 di stagno e rame.

Simboli di potere spirituale

Oggi, nei musei di tutto il mondo, questi antichi personaggi in bronzo sono esposti nelle vetrine più importanti, ammirati non solo per la loro bellezza, ma anche per il loro significato: rappresentano un popolo importante vissuto 3000 anni fa.
Osservare da vicino alcuni bronzetti nuragici permette di apprezzarne i dettagli, dal vestiario agli atteggiamenti, dagli oggetti che li accompagnano, come ceste, vasi, alimenti e animali, ai simboli tradizionali come pugnali, scudi, scettri e mantelli.
Tra i tanti quesiti che mi sorgono ogni volta che ho l’opportunità di osservare un bronzetto nuragico da vicino, uno in particolare mi ha colpito e vorrei condividere con voi in queste poche righe: circa venti anni fa, notai un dettaglio che non trovai nei libri scritti dagli archeologi. Si trattava della presenza di maschere, che alludono a un simbolismo ben noto a chi ha studiato i legami tra comunità e divinità.
Queste prime forme di spettacolo teatrale utilizzavano musica, mimica e danza, con attori che indossavano maschere rituali raffiguranti animali, divinità o eroi. Le maschere rituali erano realizzate con materiali come legno, sughero, paglia o altre fibre naturali, e avevano il potere di trasformare chi le indossava nella divinità o nello spirito che si voleva evocare. In molte culture, le maschere conferiscono potere a chi le indossa, ma se usate fuori dalle regole o da persone non autorizzate, possono assumere caratteristiche maligne.

Ieri come oggi

Durante i riti propiziatori legati all’agricoltura, le maschere rappresentavano divinità della pioggia, per favorire la crescita dei raccolti, o divinità della fertilità. Allo stesso modo, le maschere di animali, indossate durante i riti prima della caccia, servivano a ottenere maggior successo nel catturare gli animali. Esiste anche una maschera usata nelle cerimonie funebri, indossata da un danzatore per accompagnare l’anima del defunto nel mondo degli spiriti.
Nel bronzetto che vediamo nell’immagine, chiamato “barbetta”, è facile notare che non si tratta di una barba, bensì di una maschera. Curioso di questa particolarità, sono andato al Museo Archeologico di Cagliari e ho esaminato attentamente tutti i bronzetti esposti. Nel corso degli anni, sono arrivato alla convinzione che le maschere siano presenti nella bronzistica nuragica. Vi invito a considerare che le maschere che oggi vediamo indossate nelle sagre sarde, come i Mamuthones, la Sartiglia e altre manifestazioni identitarie delle comunità, sono eredi di riti arcaici. Questi riti si sono conservati nelle forme, anche se il loro significato originario si è perduto nel tempo, lasciando solo i simboli e le tradizioni che ancora oggi rappresentano l’identità delle comunità sarde.

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