Divise invernali a 35 gradi: così si lavora in alcuni ospedali sardi e all’aeroporto di Olbia

L’ospedale Giovanni Paolo II di Olbia

Costretti a lavorare con divise invernali in ambienti non climatizzati. Vietati persino i bicchieri d’acqua fuori dalla pausa. Succede oggi, nel 2025, in decine di luoghi di lavoro del settore terziario in Sardegna: mense, negozi, aeroporti, ospedali.

A denunciare il quadro è la Filcams Cgil, che riceve segnalazioni quotidiane da tutta l’Isola. «Si negano diritti minimi – attacca la segretaria Nella Milazzo – previsti da norme scritte in un’epoca in cui non si immaginavano temperature come quelle attuali. Oltre a farle rispettare, serve riscriverle da capo».

Il racconto è netto: operatori delle pulizie in appalto negli ospedali di Cagliari, Sassari e Olbia, ma anche all’aeroporto di Olbia, lavorano con divise invernali e senza adeguata climatizzazione. Nelle mense di Teulada si sfiorano i 35 gradi tra fornelli e distribuzione pasti; lo stesso accade in alcuni stabilimenti industriali.

“Disumano”

Nelle attività commerciali il quadro non cambia: cassieri e commesse sopportano turni interi senza ventilazione, spesso in negozi chiusi, con il divieto perfino di bere acqua al di fuori delle pause. «Ci sono casi – racconta Milazzo – in cui i lavoratori vengono ripresi per essersi fermati un momento a bere. È disumano».

Eppure la legge esiste. Il Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro impone ai datori di lavoro la fornitura di acqua potabile, divise adeguate e pause straordinarie in caso di temperature elevate. «Ma sulla carta – aggiunge la sindacalista – perché nella realtà quotidiana non accade nulla».

Cosa servirebbe

Per la Filcams Cgil servono: impianti di climatizzazione nuovi, perché molti sono vecchi e inefficaci, incentivi regionali per aiutare le imprese ad adeguarsi, un ripensamento dell’organizzazione del lavoro: orari, pause, turni vanno riprogettati in funzione del nuovo scenario climatico.

«Il caldo – conclude Milazzo – non è più un’eccezione, è la norma. E diventa ogni giorno più chiaramente una causa diretta di infortuni, malori, persino morti sul lavoro. Le regole attuali non bastano. E quelle che ci sono, non vengono fatte rispettare».

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