
«La svolta bellicista dell’economia del nostro Paese è estremamente preoccupante e riguarda direttamente la Sardegna. Non possiamo rassegnarci all’idea che la produzione di armi si sostituisca all’attuale tessuto industriale».
Con queste parole la deputata Francesca Ghirra (Progressisti – Alleanza Verdi Sinistra) annuncia un’interrogazione ai ministri Guido Crosetto e Adolfo Urso, chiedendo chiarimenti sulle attività del colosso tedesco Rheinmetall, che ha avviato in Sardegna la produzione di droni kamikaze, ordigni esplosivi a impatto progettati per autodistruggersi sul bersaglio. Ghirra si riferisce alla fabbrica di armi Rwm che si trova a Domusnovas.
«Il ministro Urso – ricorda Ghirra – ha parlato della riconversione bellica delle industrie sarde come di una significativa opportunità di sviluppo. Noi riteniamo invece che la Sardegna debba essere rilanciata nell’ottica della diversificazione economica, della tutela ambientale e della qualità del lavoro».
Nell’interrogazione, la deputata chiede se il governo abbia concesso autorizzazioni, licenze o finanziamenti pubblici legati alle nuove produzioni e se tali scelte siano compatibili con la normativa italiana e con i principi pacifisti della Costituzione.
«La conversione di aree e stabilimenti del Sulcis a vantaggio di produzioni belliche alimenta una dipendenza dall’economia di guerra che noi avversiamo in quanto espone le comunità a rischi concreti per l’ambiente, la salute pubblica e la tenuta occupazionale di qualità».
Ghirra solleva anche un tema di responsabilità etica: «Questa prospettiva è ancor più esecrabile perché la produzione della Rwm è realizzata in collaborazione con imprese israeliane. Non voglio pensare che la Sardegna possa contribuire a sviluppare droni suicidi in partnership con uno Stato responsabile del genocidio del popolo palestinese». La stessa Rheinmetall ha spiegato che i droni kamikaze che sono in fase di produzione a Domusnovas sono stati sviluppati in collaborazione con l’azienda israeliana UVision Air Ltd.
La parlamentare chiude con un appello politico: «La strada da intraprendere è quella della riconversione produttiva verso attività civili, innovative e sostenibili. La Sardegna non deve diventare un laboratorio di guerra, ma un modello di pace, di lavoro e di sviluppo responsabile».
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