La Corte costituzionale chiude ai soggetti privati: la partita sulle rinnovabili resta alla Regione

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Succede tutto in poche ore, ma è una storia che dura da anni. Oggi la Corte Costituzionale ha discusso la legittimità della legge regionale 5/2024 e ha dichiarato inammissibile l’intervento di una società privata con interessi nei progetti di impianti fotovoltaici ed eolici in Sardegna. La società aveva inviato una doppia lettera di diffida al Consiglio regionale, accusando l’isola di rallentare lo sviluppo delle rinnovabili e cercando di influenzare il voto sulla legge regionale 20/2024.

Con una sentenza breve, dal tono asciutto e definitivo, la Corte ha chiarito che soggetti privati non possono interferire in un procedimento costituzionale che riguarda l’interesse pubblico. Una parola – inammissibile – che mette fuori gioco le pressioni, ma apre la porta alle interpretazioni.

La replica politica

La presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, non ha perso tempo. Con un messaggio sui social ha voluto parlare sia ai suoi sostenitori che ai detrattori: “Questa è una risposta a chi pensava che la Giunta e il Consiglio fossero commissariati.” Una dichiarazione che sa di rivendicazione: l’autonomia regionale in materia urbanistica è ancora intatta.

Todde ha poi ribadito la centralità di una delle prerogative più delicate previste dallo Statuto speciale: la potestà legislativa sulla gestione del territorio. “Abbiamo rispettato gli impegni con Roma e Bruxelles, anticipando di tre mesi le scadenze fissate dal Governo nazionale e operando con trasparenza durante la moratoria”, ha sottolineato la presidente. Ma la vera posta in gioco rimane l’immagine: quella di un’amministrazione capace di gestire le proprie scelte senza piegarsi alle logiche imposte da fuori.

Il messaggio conclusivo è stato un manifesto politico più che una precisazione tecnica: “Non permetteremo a nessuno di imporre veti o condizioni sulla pelle dei sardi.”

L’isola contesa tra paesaggio e pale eoliche

La società privata esclusa non è un soggetto qualunque: le sue diffide avevano il peso di chi è abituato a far pressione sulle istituzioni. Ma la Regione, con la legge 5/2024, ha fissato un principio chiaro: prima il territorio, poi gli impianti. Una decisione che ha spaccato il dibattito pubblico e ha alimentato la narrativa per cui la Sardegna, con le sue coste e i suoi crinali spazzati dal vento, sarebbe “ferma” rispetto alle trasformazioni globali.

La sentenza della Corte sembra ribadire una verità ovvia: la gestione del territorio non può essere condizionata dagli interessi privati. Tuttavia, dietro la difesa dell’autonomia rimangono sospese domande cruciali: chi decide come e quando un territorio debba cambiare? Fino a che punto si può difendere il paesaggio senza essere accusati di rallentare il futuro?

Per ora, la Sardegna rimane un’isola non solo geografica, ma politica, contesa tra due narrazioni opposte: da una parte la necessità di tutelare un’identità legata al paesaggio, dall’altra la pressione di un progresso che, a colpi di pale eoliche, sembra voler cancellare i confini tra risorsa e sfruttamento. E intanto il vento continua a soffiare, indifferente alle aule di tribunale e alle dichiarazioni ufficiali.

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