La nuova scoperta di Gaetano Ranieri: sotto lo stagno di Cabras potrebbero esserci 6 nuraghi

Immagine delle rivelazioni svolte da Gaetano Ranieri. Proprietà di Gaetano Ranieri

La geofisica applicata all’archeologia potrebbe aver rivelato la presenza di strutture megalitiche sotto lo stagno di Mar’e Pontis. L’utilizzo di tecniche avanzate sperimentali ha permesso di individuare quelli che potrebbero sembrare sei nuraghi e diverse strutture circolari.

Questo è quanto sostiene l’autore di questa possibile nuova scoperta nel Sinis, il professor Gaetano Ranieri, ex docente di geofisica a Torino e Cagliari, già autore di alcuni sensazionali ritrovamenti con il georadar nell’area dei Giganti di Mont’E Prama. Secondo quanto riferisce Ranieri, i nuraghi potrebbero essere molti di più, poiché quelli rilevati finora sono stati scoperti durante un campionamento casuale. Tra le scoperte più affascinanti, comunque da verificare, sembra esserci un nuraghe completo di una copertura a cupola integra, con una struttura rettangolare alla base, descritta da Gaetano Ranieri come “una torta nuziale a strati”.

I dubbi di Ranieri

Gaetano Ranieri ha rivoluzionato gli scavi sardi grazie all’uso del georadar, contribuendo alla riscoperta dei Giganti di Mont’e Prama. Nel 2013, il suo team ha individuato strutture sotterranee come strade e muri, oltre a due statue quasi intatte. Tuttavia, Ranieri si è sempre chiesto “perché una necropoli monumentalizzata di tale importanza fosse situata in una zona periferica della geografia nuragica”.

Le spiegazioni accademiche classiche non lo hanno mai soddisfatto. Tenendo presente le consuetudini dei nuragici, i quali costruivano insediamenti vicino a fonti di acqua dolce, Ranieri ha ipotizzato che lo stagno Mar’e Pontis, oggi salmastro, potesse aver contenuto acqua dolce durante l’età del Bronzo e che fosse quindi un sito favorevole per l’insediamento umano. Ma esplorare una laguna di 23 chilometri quadrati senza indicazioni precise è una sfida quasi impossibile dato che il georadar non funziona sull’acqua.

Il funzionamento dell'eco scandaglio

L’eco-scandaglio, o sonar, è stato quindi utilizzato per esplorare ciò che si trova oltre il fango nei fondali. Il metodo “Sub-Bottom Profiler” (Sbp) ha permesso di rilevare dettagli fino a circa 11,5 metri di profondità. La tomografia elettrica in movimento (il metodo, anch’esso sperimentale, è stato ideato dal team del professor Ranieri) è stata utilizzata per confermare i risultati, con sensori trainati da un’imbarcazione che inviano corrente a bassa intensità nei sedimenti superficiali fino a circa 7 metri di profondità.

Durante le rilevazioni, il Sbp ha mostrato efficacia nel penetrare il fango morbido, bloccandosi solo su pietre, come ad esempio  quelle che compongono i nuraghi. Quando il segnale viene interrotto, si forma un’ombra caratteristica, che a seconda dell’immagine che viene elaborata può indicare la presenza anomalie nel terreno, comprese quindi quelle di probabili strutture.

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