Lord J, tra musica e arte: un viaggio nelle radici della Sardegna

Il rapper sardo LordJ

Lord J è un rapper sardo che sta emergendo grazie al talento e al profondo legame con la sua terra, la Sardegna. Da sempre appassionato di hip hop, ha scelto di esprimersi esclusivamente in lingua sarda, utilizzando la musica come un mezzo per trasmettere le emozioni e la sua cultura. In un’epoca in cui spesso la musica manca di contenuti profondi e si concentra sulla ricerca del successo, Lord J promuove con le sue canzoni il valore delle storie autentiche, radicate nella tradizione e nella storia della sua isola.

Quali sono stati i tuoi primi passi nella musica e perché hai scelto di cantare esclusivamente in lingua sarda?

Faccio rap da tanto tempo, ormai da sempre. È il modo più diretto che ho per esprimermi e raccontare ciò che mi piace. Inizialmente scrivevo e cantavo in italiano, ma non riuscivo a sentirmi completamente me stesso, mi sembrava di fare qualcosa di forzato. Qualche anno fa, quando ho deciso di usare esclusivamente il sardo, ho finalmente trovato la mia vera voce, riuscendo a unire le mie due passioni più grandi: la musica e la cultura sarda. La lingua sarda mi affascina per la sua musicalità, mi piace il suo suono e il ritmo che dà alle canzoni. Inoltre, mi permette di esprimermi in modo autentico e sincero, elemento fondamentale nell’hip hop. Con il sardo voglio dare valore a una parte della nostra cultura che rischia di scomparire, sperando di avvicinare le persone alla nostra storia, che altrimenti potrebbe essere dimenticata.

Come la tua musica si collega alle tradizioni e quali temi esplori nei tuoi brani?

La mia musica è profondamente legata alla cultura sarda. Parla di storie della nostra terra, dei nostri luoghi e delle nostre tradizioni, come le Domus de Janas, i giganti di Monte Prama, ma anche delle difficoltà che affrontiamo come popolo. In “Su Sennori”, ad esempio, ci sono immagini evocative come l’abito da capo tribù, il pugnale nuragico e i nuraghi. Mi piace trattare temi legati alla natura, ai riti tradizionali, alla cucina, ma anche alle sfide sociali ed economiche che la Sardegna sta vivendo, come la lotta contro l’eolico o contro le basi nucleari, temi presenti in “Sardigna Natzioni”. La mia musica non è solo un omaggio al passato, ma un invito a rinnovarci e a guardare al futuro senza dimenticare chi siamo e da dove veniamo.

Il rap è un genere legato alla cultura urbana e spesso alla protesta sociale. Come si inserisce la tua musica in questo contesto?

Il mio idolo è sempre stato Tupac, che considero un leader rivoluzionario. Voglio che la mia musica abbia un messaggio, un significato profondo. Certamente, a volte, è importante inserire momenti di leggerezza, come in “Ddu Sciu”, dove cerco di trasmettere una sensazione di spensieratezza. Tuttavia, l’obiettivo finale della mia musica è sempre quello di essere un veicolo per raccontare la nostra storia e la nostra cultura. È una sfida, ma è anche ciò che trovo affascinante nel rap e nell’arte in generale: un’espressione che nasce come protesta. La mia è una protesta contro il rischio di perdere il legame con la nostra terra e le nostre origini.

In che modo la musica può contribuire a preservare le tradizioni?

La musica è un linguaggio universale che ha sempre avuto un ruolo cruciale nella diffusione di storie e culture. Come sardo e sardista, cerco di far sentire la nostra voce, di far conoscere la nostra lingua e le nostre tradizioni in modo che possano parlare alla società di oggi. Non si tratta solo di mantenere vivi i ricordi, ma anche di portarli in un contesto che possa essere apprezzato anche al di fuori dei nostri confini. L’hip hop è lo strumento che utilizzo per far scoprire aspetti della nostra terra che molti nemmeno immaginano. Non è solo intrattenimento, ma un modo per affermare chi siamo, da dove veniamo, e farlo con l’orgoglio di chi conosce la propria storia e la propria identità.

Hai progetti extramusicali?

Sì, anche se la musica è la mia principale occupazione, ho una grande passione per la storia e la lingua in Sardegna. Per questo, vengo spesso invitato a convegni, circoli e manifestazioni per parlare della repressione culturale che la Sardegna e i sardi affrontano. Ad esempio, sono stato invitato dall’associazione “DeVulgare” grazie alla quale ho partecipato a un convegno sulle lingue minoritarie, così come sarò presente a un evento a “Su Tzirculu”, circolo culturale di Cagliari, con l’obiettivo di promuovere e diffondere la lingua sarda. Inoltre, come attivista, sono impegnato in diverse iniziative sociali. Qualche tempo fa sono stato invitato a una manifestazione nel comune di Saccargia contro la speculazione energetica in Sardegna. Sto anche per avviare un progetto nelle scuole dove parlerò di musica, lingua e cultura sarda, cercando di farle conoscere e apprezzare. Insomma, quando posso contribuire a diffondere la nostra storia o a sensibilizzare sulla nostra realtà, lo faccio volentieri.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Ho in programma numerosi concerti, tra cui uno a Cagliari all’inizio di aprile di cui uscirà presto la data ufficiale. Sto lavorando su nuovi brani che continueranno ad esplorare e raccontare la storia della nostra terra, anche attraverso collaborazioni con altri artisti sardi, con l’obiettivo di unire le forze per valorizzare e promuovere il nostro patrimonio culturale. Sto lavorando anche ad eventi che vadano oltre la musica e creino occasioni di incontro e scambio sulla cultura sarda. Il mio obiettivo, condiviso con altri artisti sardi come Bujumannu, Matteo Muscas e tanti altri, è dar vita a un movimento che non si limiti alla musica o all’arte, ma che abbracci, riscopra e racconti tutti gli aspetti della vita e della cultura sarda.

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