
Nel cuore di Cagliari, tra le navate vuote della chiesa di Sant’Anna, un uomo di 59 anni si muove con lentezza quasi liturgica. Non è un ladro qualunque: non rovista, non corre, non si nasconde. Le telecamere di sicurezza lo riprendono mentre sfiora un messale sull’altare e alcuni libretti di canti, li infila con cura in una borsa di tela e si allontana. Silenzioso. Ordinato. Sembra un rito più che un furto.
Poche ore dopo, i carabinieri lo trovano nella sua auto, parcheggiata ai margini di una strada isolata. L’auto non è solo un rifugio, ma anche un reliquiario. Dentro ci sono messali, crocifissi, statuette di santi e rosari. Gli oggetti provengono da chiese della provincia: Sant’Antioco, Sant’Eulalia, Santa Rosalia, San Sebastiano.
Il mistero non riguarda tanto il dove o il quando, ma il perché.
Le prime ipotesi parlano di satanismo, furti su commissione, follia religiosa. Ma quando l’uomo parla, la verità emerge nella sua semplicità inquietante. “Non sono veri libri sacri,” dice. “Sono falsi. Parlano del male.”
Non ruba per soldi. Non distrugge ciò che prende. Sottrae quegli oggetti per proteggerli, o forse per proteggere il mondo da loro. Nella sua mente, ogni messale, ogni crocifisso è uno strumento corrotto, un nemico da neutralizzare.
Il video registrato a Sant’Anna continua a colpire chi lo guarda. L’uomo si muove con calma, con rispetto. Non c’è fretta nei suoi gesti, solo una convinzione incrollabile. Non sembra un crimine, ma una cerimonia.
Gli oggetti trafugati tornano al loro posto, nelle chiese da cui erano stati sottratti, ma il caso non si chiude con la restituzione. Resta la domanda: cosa vede quest’uomo che agli altri sfugge?
È follia o fede? Dove si trova il confine tra il credente e il fanatico, tra il devoto e il tormentato?
Forse non si avrà mai una risposta. Ma questa storia rimane: il ritratto di un uomo che, nel silenzio delle chiese, cerca il sacro e vi trova solo un’oscurità che non riesce a scacciare.
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