Medici in fuga: il collasso silenzioso della sanità in Sardegna

Medici di famiglia

Hai la febbre alta, un dolore che non passa, un problema che non può aspettare. Chiami il medico di famiglia. Nessuna risposta. Provi ancora, niente. Alla fine, una voce registrata ti informa che il primo appuntamento disponibile è tra due settimane.Allora ti presenti di persona. La sala d’attesa è piena già alle otto del mattino, il medico sommerso di richieste, le visite rapide, sbrigative. Se hai bisogno di qualcosa di più di una ricetta al volo, ti viene consigliato di andare al pronto soccorso. E lì, l’attesa non si misura più in ore, ma in giornate. Non è un caso isolato, non è sfortuna. È la sanità sarda nel 2025.

Un numero che parla chiaro: 39 per cento in meno

Tra il 2019 e il 2023, il numero di medici di famiglia in Sardegna è diminuito del 39 per cento. Quasi tre volte la media nazionale, che si ferma al 12,7 per cento. E chi è rimasto è al limite. Il 60,6 per cento dei medici sardi ha già più di 1.500 pazienti, ben oltre il carico sostenibile.
Meno medici significa meno tempo per i pazienti, visite più rapide, meno possibilità di diagnosi accurate. Significa che la prima linea della sanità pubblica si sta sfaldando sotto il peso delle richieste.

Un sistema al limite

Il problema non è solo la carenza di dottori. È un effetto domino che si ripercuote sull’intero sistema sanitario. Chi non trova un medico di base si riversa nei pronto soccorso, già sovraffollati. Le liste d’attesa si allungano, gli ospedali scoppiano, la qualità dell’assistenza crolla. E poi c’è il divario economico. Chi può permetterselo sceglie il privato. Chi non può, aspetta.

Perché nessuno vuole fare il medico di famiglia?

Il medico di famiglia è una professione che nessuno vuole più fare. Nel 2024, il numero di candidati ai corsi di formazione per la medicina generale è stato inferiore ai posti disponibili: meno 28 per cento rispetto alle borse finanziate. Per i giovani medici, la medicina di base è una scelta poco attraente. La retribuzione è bassa, la burocrazia è asfissiante, il carico di lavoro ingestibile. Meglio specializzarsi, meglio lavorare in ospedale, meglio, per molti, andare all’estero.

E ora?

Se nulla cambia, il peggio deve ancora arrivare. Ogni anno più medici lasciano il servizio, pochi prendono il loro posto e la sanità pubblica continua a perdere pezzi. Il risultato? Liste d’attesa che si allungano fino a diventare ingestibili, pazienti costretti a navigare un sistema sempre più confuso e inefficiente, intere aree della Sardegna prive di un punto di riferimento medico stabile.
Si parla di soluzioni, di incentivi economici per rendere il lavoro più appetibile, di ridurre la burocrazia, di migliorare le condizioni contrattuali. Si parla, si promette, si annunciano riforme che poi si perdono tra tavoli tecnici e tempi parlamentari.
Nel frattempo, trovare un medico di famiglia in Sardegna è già diventato un’impresa, non molto diversa dal cercare un volo economico per il continente in piena estate. Con una differenza sostanziale: un biglietto troppo caro è un disagio, un medico introvabile è una crisi.

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