
Undici per cento di popolazione in meno in vent’anni, un’economia ferma da decenni e un Pil pro capite più basso del 35% rispetto alla media italiana. Non sono numeri di un’area sperduta nel mondo, ma quelli della provincia di Nuoro, al centro del rapporto che l’Ocse ha dedicato ai territori europei a bassa densità. La radiografia che ne emerge è impietosa: la provincia è tra le più fragili d’Europa, con una popolazione che invecchia rapidamente, giovani che se ne vanno e un’economia che arranca.
Il documento, commissionato dal Governo italiano per studiare soluzioni replicabili nelle aree interne, conferma quello che in molti, a Nuoro e in Barbagia, vivono sulla pelle ogni giorno: meno lavoro, meno servizi, meno futuro.
«Nuoro e il suo territorio non devono essere marginali, ma centrali nelle scelte della Regione», ha detto Alessandra Todde, presidente della Regione, intervenendo alla presentazione del rapporto.
L’accessibilità fisica è uno dei problemi chiave messi in evidenza. Collegamenti deboli, infrastrutture insufficienti, digital divide ancora diffuso in alcune aree montane. Raggiungere Nuoro è difficile, muoversi all’interno della provincia lo è ancora di più. Il divario con il resto della Sardegna – e ancor di più con il resto d’Italia – è netto.
«Dobbiamo passare da una logica emergenziale a una visione strategica, con investimenti mirati e coerenti», ha aggiunto Todde, tracciando una discontinuità netta rispetto al passato.
L’Ocse lo dice senza mezzi termini: la produttività è stagnante, e l’economia ruota attorno a pochi settori – agricoltura, servizi pubblici, turismo occasionale – con scarso apporto tecnologico e limitata innovazione. La pubblica amministrazione resta il principale datore di lavoro. Le imprese sono piccole, spesso a conduzione familiare, e troppo isolate per competere o crescere.
Ma la presidente Todde rilancia: «Non vogliamo più una Regione che governi con l’automatismo dei finanziamenti, ma con la responsabilità delle scelte». La sfida è usare i dati come leva di programmazione.
Nel rapporto c’è però anche un capitolo che guarda al futuro. Il patrimonio ambientale, culturale e sociale del territorio è enorme. Comunità coese, associazionismo diffuso, esperienze locali innovative: tutto questo, dice l’Ocse, può diventare la leva per una rinascita. A patto che le istituzioni – locali, regionali e statali – investano in infrastrutture, giovani, scuola, sanità. «I territori devono essere protagonisti delle politiche pubbliche. Basta con le decisioni calate dall’alto», ha concluso Todde, rilanciando un nuovo modello di governance “dal basso”.
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