Pillole di storia: i rituali di passaggio e i luoghi ad essi dedicati

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Nel mondo moderno, non è comune celebrare le tappe significative della vita attraverso rituali che ne onorino il significato. Oggi, molti di questi eventi hanno perso gran parte del loro valore simbolico, rituale e magico. Sebbene esistano ancora feste di laurea, matrimoni e visite di parenti per accogliere un neonato, questi momenti non possono essere considerati veri e propri riti di passaggio; sono semplici celebrazioni prive di un senso del sacro e di una connessione profonda con la natura. Inoltre, la religione cristiana ha spesso privato le donne di rituali di passaggio a loro dedicati.

Prima di addentrarci nei riti di passaggio, è fondamentale distinguere tra sacro e profano. Il profano rappresenta il regno dell’esperienza quotidiana, del lavoro e della vita di tutti i giorni, mentre il sacro è tutto ciò che è legato alla presenza o al culto, a oggetti di particolare venerazione. Per percepire il sacro è necessaria una sensibilità particolare. Col passare del tempo, un velo ha separato il mondo sacro da quello profano. Nelle antiche civiltà, il sacro predominava sul profano, abbracciando ogni aspetto della vita, dalla nascita alla morte, dal cacciare al coltivare.

Queste azioni erano collegate, in un modo o nell’altro, alla ciclicità della vita e al sacro. Oggi, invece, nulla sembra essere sacro. Se un tempo la natura era venerata, ora è spesso vista come un semplice elemento da sfruttare, e i momenti significativi della vita sono ridotti a mere occasioni di festa.

I legami con la Natura

In ogni società, antica e moderna, la vita è caratterizzata da passaggi da un’età all’altra, da un momento all’altro, da un lavoro a un altro.
Nelle antiche culture, dove diverse età corrispondevano a ruoli e momenti distinti della vita (come nei Celti, dove i bambini venivano affidati a famiglie diverse e diventavano apprendisti), questi passaggi erano considerati soglie sacre, poiché nel mondo celtico nulla era separato dal sacro.

Ogni momento di transizione nella vita antica era accompagnato da un rito, una manifestazione del sacro. Questi riti non si limitavano solo ai passaggi individuali, ma includevano anche momenti stagionali. Gli esseri umani e la società non sono entità separate dalla natura e dall’Universo; anche la natura segue cicli che influenzano le nostre vite, e dovremmo vivere in simbiosi con essa. Anche nell’Universo esistono tappe e momenti di passaggio, avanzamenti e pause. È quindi importante riconnettere le cerimonie dei passaggi cosmici con quelle umane: dai cicli lunari alle stagioni, fino al passaggio da un anno all’altro.

In passato, eventi come la nascita, il passaggio all’adolescenza, il fidanzamento, il matrimonio, la maternità/paternità, l’iniziazione a un lavoro o a una carica sociale, la vecchiaia e la morte erano tutti accompagnati da riti di passaggio. Questi rituali potevano essere di allontanamento da qualcosa o di avvicinamento a qualcos’altro, e includevano riti beneaugurali, di fecondità, di protezione, di difesa, di iniziazione.

I luoghi iniziatici

Le caverne, sin dalla preistoria, sono state percepite come luoghi intrisi di magia, autentici scrigni di simboli e scenari ideali per i riti di iniziazione. Non solo rappresentavano rifugi sicuri dalle minacce esterne e dalle intemperie, ma si configuravano anche come santuari in cui si celebrava la ierogamia, ovvero l’unione sacra tra il principio attivo maschile, simboleggiato dalla luce filtrante, e il principio ricettivo femminile, incarnato dal ventre accogliente della Madre Terra.

Questa terra, considerata un vero e proprio utero di morte e rinascita, fungeva da luogo di transito tra i diversi “mondi”, dove sgorgavano acque ritenute dai nostri antenati capaci di curare i mali del corpo e dell’anima e di favorire la fecondità.
In Sardegna, il culto delle acque sorgive sotterranee era particolarmente sentito, come dimostrano i circa 200 edifici classificati come pozzi e fonti sacre. Gli antichi sardi, inoltre, sceglievano di deporre i defunti in ambienti sotterranei, spesso accompagnati da statuine della Grande Madre, divinità propiziatrice delle nascite e dei raccolti, signora degli animali e dell’oltretomba.

Questa figura fu assimilata anche in epoca greca e romana, manifestandosi sotto le sembianze di Artemide/Diana, protettrice delle partorienti, o di Demetra/Cerere, patrona delle messi, i cui culti venivano celebrati nelle grotte.

Il sincretismo religioso

Con l’arrivo del cristianesimo, nonostante la forte condanna dei culti pagani, quando non fu possibile distruggere o nascondere fisicamente questi luoghi, si optò per una soluzione suggerita da Papa Gregorio Magno: inglobare le grotte nelle chiese, trasformandole in cripte rupestri o convertendole in luoghi di culto cristiano.

Questo processo, conosciuto con il nome di sincretismo religioso, avvenne grazie alla diffusione capillare dei monaci, in particolare basiliani nelle aree di rito greco e benedettini in quelle di rito latino. Così, il culto della Vergine Maria, come protettrice dei raccolti e patrona delle nubende e delle partorienti, si sovrappose a quello delle dee madri pagane, creando un affascinante intreccio di tradizioni e credenze.

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