
Nel 1981 vennero divulgati per la prima volta i risultati degli scavi condotti dall’archeologo Carlo Tronchetti nel sito di Mont’e Prama, con un approfondimento particolare sulle statue in arenaria. Queste statue, di dimensioni leggermente superiori a quelle naturali, rappresentano principalmente due figure: il cosiddetto pugilatore, già noto in forma di piccoli bronzetti nuragici in due esemplari, e il guerriero con arco sulla spalla sinistra, che ha analogie con le rappresentazioni bronzee.
Sulla base dei reperti, furono realizzate ricostruzioni grafiche delle due figure, successivamente riprese in diverse pubblicazioni. Il restauro e la verifica dei frammenti rinvenuti non solo aumentarono il numero delle figure rappresentate, ma offrirono anche nuove informazioni sui dettagli distintivi di ciascun tipo e sulle differenze nelle varie rappresentazioni, pur mantenendo una certa omogeneità nei modelli principali. Alcune statue sono abbastanza complete da permettere una ricostruzione chiara dell’aspetto originario, mentre in altri casi la ripetizione delle immagini ha aiutato nella ricostruzione, o ancora la compatibilità di frammenti non ricomponibili ha consentito di avere un quadro complessivo.
La figura del “pugilatore” è la più comune, con ben sedici esemplari, anche se non tutti in buono stato di conservazione. Le due statue meglio conservate hanno permesso di ricostruire anche la parte superiore con lo scudo posato sulla testa. Questo, di forma rettangolare e ricurvo, è tenuto con la mano sinistra sopra la testa, mentre la destra lo mantiene in posizione perpendicolare al corpo.
La postura dei pugilatori è invariata, con i piedi ben saldi su una base quadrangolare alta circa 12 cm, mentre la loro altezza, nei casi più completi, arriva a circa due metri. Il corpo, robusto, è coperto da un gonnellino triangolare e una cintura, mentre i piedi sono generalmente nudi, con alcune rappresentazioni che mostrano calzari semplici. La parte superiore del corpo è resa in modo dettagliato, con grande enfasi sui tratti del volto, con occhi a cerchi concentrici, un naso prominente e un’elaborata capigliatura.
Anche gli accessori come lo scudo e i bracciali sono rappresentati con grande cura. Lo scudo, pur essendo incompleto, presenta caratteristiche distintive che suggeriscono una progettazione accurata. Sebbene il termine “pugilatore” sia ormai accettato, ci sono delle riserve sull’interpretazione di queste statue. È più plausibile che queste figure rappresentino atleti impegnati in competizioni sacre, vista la loro costituzione muscolosa e l’atteggiamento da combattente.
La figura dell’arciere, anch’essa ben documentata, è più complessa, con variazioni nell’armamentario e nei dettagli. Cinque statue, seppur non tutte complete, sono attribuibili a questa tipologia. L’arciere è generalmente rappresentato con l’arco in mano, in una posa simile a un saluto alla divinità, con la mano destra sollevata.
L’arco, di forma variabile, è talvolta corto e a volte più grande, poggiato sulla spalla. L’elmo, la tunica corta, gli schinieri e altri dettagli dell’armamento sono resi con grande cura, mentre la faretra è visibile in vari frammenti, ma mai completamente conservata.
La figura del guerriero, pur essendo stata inizialmente confusa con quella dell’arciere, si distingue per l’abbigliamento e l’uso di uno scudo rotondo. Indossa una corazza e un’armatura particolarmente elaborata sulla parte superiore del corpo, e lo scudo, decorato con motivi geometrici simili a quelli delle “pintadere” nuragiche, è impugnato con una mano mentre l’altra lo sorregge da dietro. In questo modo, il guerriero appare come una figura solida e imponente, dotata di uno scudo protettivo e di un’armatura che suggeriscono il suo ruolo difensivo o combattivo.
Su queste statue c’è un dibattito sulle tracce di colore nero (carboncino) e rosso (ocra) trovate su alcune parti dell’arenaria gessosa con cui sono realizzate.
Su queste statue c’è un dibattito sulle tracce di colore nero (carboncino) e rosso (ocra) trovate su alcune parti dell’arenaria gessosa con cui sono realizzate. Secondo alcuni studiosi le statue erano colorate, come testimoniano gli studi sulla statuaria antica greca e romana, ma secondo altri specialisti il colore sarebbe il risultato di un incendio che si verificò nel sito durante la distruzione. I pigmenti colorati delle lucerne a olio e dei frammenti di ceramiche presenti a corredo della necropoli si sciolsero a causa del forte calore e si trasferirono sulla bianca arenaria delle statue. I dubbi rimangono.
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