
Ogni anno vengono prodotti centinaia di film indipendenti. Molti non arrivano mai in sala. Alcuni passano fugacemente per festival e rassegne, altri si perdono nei meandri del video on demand, sommersi da un catalogo infinito in cui trovare un titolo specifico è come cercare un libro senza titolo in una biblioteca senza scaffali. La distribuzione è da sempre il vero punto critico per il cinema indipendente. Eppure, la sensazione è che ci sia un pubblico pronto a guardare questi film, solo che spesso non sa dove trovarli.
E qui entra in gioco MyCulture. La società di distribuzione sarda ha annunciato un cambio di assetto e una strategia che punta a rompere alcuni schemi del sistema tradizionale. L’idea è quella di un modello più flessibile, che combini la distribuzione in sala con il digitale, gli eventi e una promozione mirata per creare un legame più diretto tra film e pubblico. Un esperimento ambizioso, che verrà messo alla prova il 5 marzo 2025, con l’uscita di “Emilio Lussu. Il processo”, film storico con Enrico Lo Verso nei panni dell’intellettuale e politico antifascista.
L’evoluzione di MyCulture passa anche attraverso un nuovo team. Ai fondatori Salvatore Cubeddu, produttore cinematografico, ed Emanuele Galloni, managing director di Videoplugger Ltd, si sono aggiunti nuovi soci con esperienza nel settore: Alessandro Murtas, che gestisce importanti sale cinematografiche in Sardegna; Carlo Mancosu, Innovation Manager e blogger per Il Sole 24 Ore; e Alessandro Pisu, ex Senior Events Manager della National Gallery di Londra.
L’idea è che la distribuzione non possa più essere un sistema rigido e monolitico, ma debba adattarsi al contesto in cui si muove il pubblico. Le persone vanno ancora al cinema, sì, ma scelgono sempre più spesso cosa vedere in base a percorsi che passano dai social, dalle community online, dalle piattaforme di streaming. E un film indipendente, per farsi strada, ha bisogno di una strategia che tenga conto di tutto questo.
Domanda lecita. Di modelli alternativi per la distribuzione si parla da anni, e trovare il giusto equilibrio tra sala, digitale ed eventi non è semplice. Ma il fatto che MyCulture voglia provarci è già significativo. Se il sistema tradizionale ha lasciato fuori troppi film che avrebbero meritato di essere visti, ha senso cercare un modo per rimetterli in circolo
Con “Emilio Lussu. Il processo”, la società si mette alla prova con un titolo che ha una forte identità storica e culturale, e che potrebbe essere il primo passo di una strategia più ampia. Se funzionerà, potrebbe aprire una strada anche per altri film indipendenti. Se non funzionerà, avrà comunque spinto il discorso nella direzione giusta: quella di un cinema che vuole raggiungere il pubblico senza aspettare di essere invitato.
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