
C’è un numero, più di tutti, che racconta il lento svanire della Sardegna giovane: 64.645. Tanti sono i ragazzi tra i 15 e i 34 anni che l’isola ha perso in dieci anni. Un dato che pesa più di un bilancio, più di un discorso politico, perché si traduce in piazze meno affollate, scuole con classi dimezzate, bar che chiudono prima.
Il Sud Sardegna guida il tracollo con un -25,4 per cento, seguito da Oristano (-23,4 per cento) e Nuoro (-18,9 per cento). Anche Sassari (-14,7 per cento) e Cagliari (-14,6) non sono risparmiate, nonostante il capoluogo abbia un’economia più dinamica. Il confronto con la media nazionale (-5,8) è impietoso. I dati arrivano dall’ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha analizzato il calo della popolazione giovanile a livello regionale e nazionale.
Le cause sono note e si intrecciano in una spirale che pare difficile da spezzare. Da un lato, il crollo delle nascite: nel 1943, in piena guerra, si contavano 30.899 nuovi nati. Nel 2023, appena 7.242. I dati, pubblicati dall’Istat, raccontano di una società in cui sempre meno coppie scelgono di avere figli, frenate dall’incertezza economica e dalla difficoltà di trovare un lavoro stabile.
Dall’altro lato, chi resta giovane sceglie di partire. Nord Italia, Germania, Spagna, Olanda: ovunque ci sia più lavoro, più futuro. Secondo Istat e CGIA di Mestre, la Sardegna ha perso il 18,4% della sua popolazione giovanile in un decennio, un calo superiore a quello del Mezzogiorno (-14,7 per cento) e quasi quattro volte la media nazionale (-5,8 per cento).
A livello europeo, la Sardegna è una delle aree che si sta spopolando più velocemente. In Francia i giovani sono rimasti stabili (+0,1 per cento), in Germania sono aumentati (+1,7 per cento), nei Paesi Bassi addirittura del 10,4. Qui, invece, si chiudono asili e si moltiplicano le case vuote.
L’impatto è trasversale. Le imprese faticano a trovare personale qualificato, soprattutto nei settori artigianali e agricoli, che un tempo garantivano stabilità economica a intere famiglie. Le scuole delle zone interne rischiano la chiusura per mancanza di iscritti. Il sistema sanitario soffre, perché senza nuove leve non ci sono abbastanza medici e infermieri per garantire un servizio efficiente.
C’è poi il rischio più grande: la perdita di capitale umano. Perché chi parte non è solo un numero, ma spesso è un talento, una competenza, un’energia che altrove trova spazio per crescere.
Intanto, la Sardegna continua a svuotarsi. I voli low-cost verso Milano, Roma e Londra sono sempre pieni, le stanze lasciate dai ragazzi nelle case di famiglia restano chiuse. E nelle piazze che un tempo risuonavano di voci giovani, oggi il silenzio dura un po’ di più.
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